La Nikolai Milyutin Pinakothek & Wunderkammer occupava un fabbricato di sei piani nel 73° Blocco di Wharton, sulla Via dalla parte del Lato dei Binari. Oltre a essere una delle strutture più alte di Wharton, il museo era una delle più vaste, estendendosi per tutta la lunghezza fino ai Binari e per l’intera distanza dal n. 73 al n. 74 di Cross Street. Dotato di tutti gli orpelli architettonici prediletti dal suo arcaico progettista, Rufo Guareschi, dalle architravi alle edicole, dalle vermicolature ai portici, il vetusto edificio somigliava alla torta nuziale degli sposi folletti nel romanzo di Patchen Le sopracciglia dell’Ultraterreno. Dal retro alla parte anteriore, le pareti laterali della vecchia costruzione riproducevano un gradiente secolare di fuliggine di Treni incrostata. Le finestre posteriori erano diventate più o meno permanentemente opache.

La facciata anteriore del “NikThek”, come lo staff chiamava affettuosamente l’aristocratica magione, era tenuta più pulita, essendone il volto pubblico, ombreggiato dai platani e familiare a generazioni di studenti e di visitatori occasionali. E mentre il NikThek manteneva un’esistenza semi-indipendente, con una sua raccolta fondi, programmazione, pubblicità, e un suo consiglio di amministrazione, era ancora ufficialmente collegato con la nobile e prestigiosa Swazeycape University. Come diramazione di uno dei tanti rami della scuola, i cui edifici occupavano per intero il quaranta per cento del Distretto di Wharton, il NikThek doveva mantenere un certo livello di perfezione e di sfarzo.

Nelle prime luci di quel luminoso mattino di luglio spazzato dalla pioggia, prima dell’orario di apertura, il NikThek sembrava allo stesso tempo antico e nuovo, come se la sua nobile e non del tutto ragionevole e pratica dedizione a catalogare ed esporre le bizzarrie della Città Lineare lo avesse mantenuto giovane al di là della sua vera età.

O così fantasticava Merritt Abraham mentre raggiungeva il suo posto di lavoro, una comoda passeggiata di tre Blocchi dall’uscita più vicina della Sotterranea. (Uscita a sua volta a solo mezz’ora di distanza dal suo monolocale a Wharton 20.) 

Si fermò ai piedi della lunga successione di scalini corrosi dal tempo che conducevano alle numerose porte dell’entrata principale. Ascoltando lo stormire delle foglie dei celebri platani, meditò per l’ennesima volta sulle parole del fondatore incise sulla grande architrave:

DEVI AVERE IL PICCIONE NEL CUORE PRIMA DI POTERLO TROVARE

SULLA GRONDAIA

Un vero originale, Milyutin, uno dei fondatori della polipolisologia, eppure con in più qualcosa del mistico. Merritt si chiese se quella vena metafisica non si annidasse sotto la pelle della sua disciplina di elezione, come un tatuaggio subliminale.

Mentre si riscuoteva da quel momento di muta introspezione e si dirigeva all’ingresso del personale al n. 73, il rintocco insistente di un campanello la fece sussultare e si fece da parte appena in tempo per evitare di essere investita da un ciclista che circolava illegalmente sul marciapiede, cercando di aggirare un grosso furgone delle consegne che gli sbarrava la strada sulla Via.

Il piccolo incidente le richiamò alla mente l’ultima volta che aveva visto Dan Peart. Il corridore era stato il primo a scendere dalla Samuel Smallhorne il 17 maggio, all’arrivo allo Scalo di Wharton 18. Dopo aver proferito agli altri frettolosi auguri, aveva portato la sua preziosa Calloway Tempesta giù per la passerella, dopo di che era stato sommerso da una piccola folla di tifosi di ciclismo a caccia di autografi.

Cady Rachis aveva reclutato Ransome Pivot per trasportare il suo ragguardevole bagaglio e prenotare un velotaxi. Piuttosto riluttante, Ransome aveva lanciato tardivi sguardi di scusa a Merritt, ma lei li aveva orgogliosamente ignorati.

Quel mattino aveva impulsivamente architettato una lite decisiva con Balsam Troutwine, rinfacciandogli la sua esasperante combinazione di insincerità e servile sollecitudine, e i due amanti non si erano rivolti più la parola. Apparentemente non offeso, il grossista di liquori era andato via tronfio e soddisfatto con il suo zainetto da piazzista, lasciando Merritt a trascinare borse e bauli giù dalla nave fino alla sua nuova casa.

Da allora, Merritt non aveva più incontrato né Peart, né Troutwine, né Rachis (anche se l’immagine di quest’ultima sorrideva melensa sui manifesti affissi a ogni dove, reclamizzando il suo esclusivo show al Topandy’s Song Loft). Quanto a Ransome Pivot… be’, era impossibile, visitando gli uffici e i vari settori della Swazeycape University, non imbattersi di quando in quando nell’irritante adolescente troppo cresciuto. E lui si era fatto vedere un paio di volte alla caffetteria del NikThek durante la pausa pranzo…