Enos procedeva con fatica crescente in mezzo ad arbusti dalle lunghe spine e tronchi che crescevano orizzontali aggrovigliandosi al terreno come mostruosi serpenti vegetali. Hal Doren, però, era contento di avere il cavallo: là in mezzo un veicolo sarebbe riuscito a farsi strada solo usando un lanciafiamme.A un tratto, Enos s'impuntò rifiutandosi di proseguire.

Hal Doren osservò il terreno davanti a sé: era un tratto di suolo sgombro coperto da una chiazza grigiastra di quello che pareva uno strato fangoso.

Fissò la sua attenzione sul cavallo: era immobile, rigido, teso, con tutti i muscoli contratti, gli occhi vitrei, le narici dilatate.

Hal Doren conosceva bene Enos, sapeva che non era una bestia ombrosa; era chiaro che avvertiva un pericolo, e lui aveva imparato a fidarsi dell'istinto dell'animale.

Smontò tenendo sempre Enos per la cavezza, non voleva correre il rischio che il cavallo fuggisse lasciandolo solo.

Osservò attentamente quella specie di melma grigia davanti a lui. Guardando bene, si poteva notare che non era immobile ma era come attraversata da una specie di moto ondoso, una sorta di lenta pulsazione.

Raccolse una pietra e la scagliò contro la massa grigiastra.

Vi fu un tonfo seguito da schizzi e un ribollire frenetico della superficie melmosa.

Hal Doren sentì un dolore violento e improvviso al polso, una specie di bruciatura là dove uno schizzo fangoso l'aveva sfiorato.

Rimontò in sella a Enos e indietreggiò il più possibile. Quando fu a distanza di sicurezza, osservò il polso. Non c'era dubbio, quella era una ustione da acido.