Lì comunque di giungle non ce n'erano: era una zona seminata a grano nei tratti pianeggianti, mentre i boschi sulle alture erano frutteti attentamente curati da infaticabili giardinieri che non si fermavano mai a sbocconcellare un frutto, perché la loro alimentazione era un potente accumulatore elettrico.

Diverse strade tagliavano il paesaggio formando una grande scacchiera. Come sempre, c'era un certo traffico: veicoli che trasportavano derrate alimentari o legname e qualcuno, proveniente da più lontano, era un veicolo cisterna o trasportava minerali. Viaggiavano tutti a velocità uniforme e andavano perlopiù nella stessa direzione, verso l'ascensore; non c'era pericolo di incidenti, la mente che li guidava era la stessa, il grande computer della base Venus 1.

Hal Doren fece caracollare Enos fino al bordo della strada, là dove c'era un'ampia fascia erbosa che separava la carreggiata asfaltata riservata ai veicoli dalle file regolari di messi. La “pista cavalcabile”, come la chiamava scherzando, era larga una decina di metri, ma correva parallela alla strada perdendosi in lontananza.

Lanciò Enos al galoppo: era uno sfogo per il cavallo e per lui!

Con il vento sollevato dalla corsa, avvertì una sensazione di fresco quasi pungente. Gli venne da sorridere: fino a pochi decenni prima nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse provare freddo in quel luogo.

Alzò gli occhi verso il cielo, era di un azzurro simile a quello terrestre, ma ancora solcato da strane striature, ricordi di come era quel mondo prima del terraforming. Il Sole appariva più grande che dalla Terra, ma come sbiadito: bastava qualche leggera nuvola perché lo si potesse fissare senza problemi.

Dopo circa un'ora, raggiunse l'ascensore. L'aspetto era quello di un gigantesco cavo largo come un tronco di sequoia circondato da quattro cavi minori, che si slanciava verso l'alto a un'altezza vertiginosa sparendo lassù fra le nubi.

I veicoli robot agganciavano il loro carico ai cavi di salita: i container che portavano sul dorso e che si trasformavano in qualcosa di simile alle cabine per teleferica; poi si spostavano ai cavi di discesa per prendere ciascuno sul dorso un container vuoto, e ripartivano. Il sistema era totalmente automatizzato e raramente c'erano intoppi.