I “mostri sacri” sono rarità difficili da introdurre. Sarà che sono mostri, sarà che sono sacri, certo è che rappresentano un’autentica grana da trattare per chi ha a disposizione lo spazio di un sms. Come raccontarvi quindi Mino MIlani, che invece di sfaccettature e identità ha a pacchi, da Eugenio Ventura, a Piero Selva o Stelio Martelli, con cui ha firmato parte del suo sterminato lavoro? Allora con reverenziale rispetto bypassiamo l'ispirazione storica che da Romanzo militare a Sognando Garibaldi (del 2005) caratterizza molta produzione del grande scrittore pavese. Pensiamo a un Milani nel cuore dei molti lettori maturi, che hanno scoperto la fantascienza sulle pagine del "Corriere dei Piccoli" (e poi "dei Ragazzi") dagli anni Cinquanta fino all’inizio degli Ottanta. Con fumetti come Selena e I cinque della Selena, dal 1962 al 1966 ci porta su Marte a incontrare una civiltà aliena in una space-opera disegnata da Dino Battaglia. Il linguaggio moderno e cinematografico delle avventure dei cinque astronauti, lascia posto nel 1964 all’eleganza di un curioso romanzo illustrato che reiventa un personaggio di Verne, il Dottor Oss. Ma è con la saga romanzesca del giornalista Martin Cooper che Milani lascia un segno nel nostro immaginario, con storie che parlano di “Uomini nati dal fuoco”, “Pietre pulsanti” e altre invenzioni che verranno poi raccolte da Mursia nelle due antologie del 1970 e 1978.

Intanto, gli alieni (verdi di rabbia e di incarnato) tornano ad affacciarsi nelle sue storie e col fumetto Anni 2000 fanno ;;;;;;affilare le chine di un giovanissimo Giancarlo Alessandrini alle prese con una guerra tra i mondi. 

Come ultima escursione nel campo del fantastico, ci piace concludere col ciclo dedicato al Maestro, un enigmatico personaggio, più elusivo di un conto alle Cayman - ma molto meno losco, protagonista di avventure sovrannaturali condite di gotico e fantascienza che non sarebbero dispiaciute a Martin Mystère. Si parla del remoto 1974, certe tematiche sono ancora poco esplorate, Torchwood e Supernatural non hanno ancora aperto i battenti, Mino Milani però nel tempo viaggia già da un pezzo. E continua a farlo con una bussola che ha un solo polo di riferimento: la forza delle idee.

Le avventure impossibili di Martin Cooper hanno anticipato di quasi un lustro e con maggior forza le atmosfere misteriose dei telefilms come X-Files. A quali modelli ti sei rifatto (se ce ne sono) per creare delle storie così originali quando in Italia si masticava più chewing-gum che fantascienza?

Non avevo modelli. L’idea era quella di raccontare storie tra la realtà e il fantastico non guardando al possibile futuro, ma al passato. Quelle di Martin sono avventure che mi piace chiamare “fantarcheologia”. 

Come è nata la tua personale rilettura del Dottor Oss di Jules Verne, illustrato sulle pagine del Corrierino con i disegni di Grazia Nidasio? Gusto della rivisitazione di un classico (alla Philip Josè Farmer)? Richiesta dell’editore? Esperimento letterario?

Direi più volentieri esperimento letterario, e sfacciataggine al punto di intervenire su un personaggio verniano (ero ben più giovane, allora). Il dottor Oss di Verne è sanguigno e irascibile e forse appena appena volgare, io ho voluto invece proporre un gentiluomo distaccato e sempre controllato. Ai ragazzi è andato bene così.  

Tra le tue serie di fumetti più amate dai lettori, ci sono le storie a sfondo esoterico de Il Maestro. Contro quali minacce lo faresti duellare oggi, calandolo in un mondo disincantato schiavo dalla tecnologia e infestato da santoni “tarocchi”?

Credo che il Maestro si batterebbe comunque contro chi personifica il male; che oggi può avvalersi (e naturalmente lo fa), della tecnologia. Sarebbero però in ogni modo avventure d’azione: magari avviate, in ipotesi, con un pc, ma risolte sul terreno, viso all’avversario. 

Il romanzo Fantasma d’amore è uno dei tuoi libri più intensi e drammatici. Un uomo innamorato di uno spettro del proprio passato per te rappresenta l’esempio di sentimenti forti che il tempo non corrompe, o incarna l’incapacità estrema di elaborare le proprie perdite?  

Non pensavo a questo. L’idea di un amore (o forse della prima passione giovanile) c’è, credo, insieme con il tentativo di riviverla recuperando l’impossibile, cioè il tempo perduto; ma ho voluto dire come alle prese con un fantasma determinato a distruggere il suo passato, un uomo (normale, come può esserlo un commercialista di provincia) non può essere che la distruzione.