Delos 18: Fantasia&Nuvole Fantasia & Nuvole

di Francesco Grasso

AKIRA

Prosegue la rubrica dedicata al fumetto di fantascienza. Argomento di questa seconda puntata il capolavoro del fumetto giapponese, Akira.

Apocalittico, duro, barocco, geniale, appassionante, sconvolgente, Akira costituisce senza dubbio una stella di prima grandezza nel firmamento dei "Manga", i celeberrimi fumetti giapponesi. Pubblicato a puntate in America, in Francia, Spagna, Inghilterra, Italia, trasformato in lungometraggio, poi in film, infine in un vero e proprio oggetto di culto, quest'opera d'animazione sfiora la fantascienza hard, si destreggia tra i temi delle mutazioni genetiche, dei poteri mentali, della guerra futuribile, per incanalarsi decisamente in quello che è sempre stato (e probabilmente resterà sempre) il filone conduttore del fantastico giapponese, ovvero il catastrofismo. Akira, come molti suoi "colleghi" Manga, come l'illustre antenato Godzilla, è in fondo figlio della Bomba, figlio dell'olocausto nucleare e degli incubi che ogni buon giapponese si porta dietro come un peccato originale senza riuscire in alcun modo a scrollarseli di dosso.

La Storia

Riassumere le vicende di Akira, che si snodano dense e rocambolesche per ben 36 albi, non è impresa semplice. In breve, ci troviamo nell'anno 2030, nella città di Neo-Tokio, distrutta e ricostruita al termine della Terza Guerra Mondiale. Una banda minorile di motociclisti, capeggiati da Kaneda, si imbatte in un misterioso gruppo di militari, comandati da un enigmatico colonnello. Costui compie esperimenti su un gruppo di bambini che portano un numero tatuato sul palmo della mano. Questi bambini, invecchiati senza mai diventare adulti, dispongono di enormi poteri mentali, psichici e telecinetici. Il più potente tra loro è il numero 28, Akira. I poteri di Akira sono a dir poco impressionanti: Kaneda ed i suoi scoprono che il "casus belli" della Terza Guerra Mondiale non è stato un attacco nucleare terroristico, come riportano i libri di Storia, bensì un'esplosione psichica di Akira che ha raso al suolo Tokio (probabilmente senza neppure volerlo, come un bimbo che rompe un giocattolo per capire come funzioni).
I militari sono terrorizzati da Akira, al punto che non osano tenerlo cosciente, e lo custodiscono da vent'anni ibernato in una cella frigorifera (a 200 sotto zero) dentro un bunker di cemento e acciaio a trecento metri nel sottosuolo, guardato a vista da un'intera divisione corazzata.
Uno dei compagni di Kaneda, Tetsuo, rimasto ferito in un incidente, viene catturato dal colonnello e sottoposto ad un "trattamento" a base di droghe e radiazioni, un trattamento sviluppato dai militari sull'esperienza ottenuta con Akira, ideato per liberare i poteri mentali latenti negli adolescenti.
E così Tetsuo, ribattezzato numero 41, scopre di essere anche lui un mutante. I suoi poteri si liberano, crescono ad un ritmo vertiginoso sino a raggiungere in potenza quelli dello stesso Akira. Ma, allo stesso tempo, le forze mentali sviluppatesi in lui distruggono il suo equilibrio psicologico (peraltro già fragile), e lo fanno impazzire.
A questo punto gli eventi accelerano in modo travolgente. In preda all'ira Tetsuo distrugge la base dei militari, libera Akira, viene colpito da un laser e perde un braccio, ma riesce a ricostruirselo con la telecinesi, utilizzando pezzi di metallo e trasformandosi così in un raccapricciante cyborg. Tetsuo ed Akira proclamano l'Impero di Tokio. Interviene la marina americana, che bombarda Tokio nella vana speranza di uccidere le due "superpotenze mentali". Tetsuo, come se niente fosse, da solo sconfigge i marines, affonda una portaerei (gustosa vendetta dei giapponesi sul vecchio nemico yankee), abbatte un satellite laser e trova persino il tempo per semidistruggere la Luna.
Alla fine, il potere di Tetsuo diventa talmente grande che egli perde il controllo del proprio corpo, che letteralmente "esplode" in una massa amorfa di carne impazzita, lasciando i superstiti sbigottiti ad aggirarsi tra le macerie di Tokio per l'ennesima volta rasa al suolo.

Lo scenario

Ciò che più colpisce in Akira è l'incredibile cura del disegno: negli albi domina un'attenzione maniacale per i dettagli tecnici, che appartengano ad aerei, carriarmati, navi, elicotteri, cannoni laser o satelliti. In questo amore e perfezionismo, Akira rappresenta la vetta più alta della scuola giapponese: la figura umana è nelle pagine dei Manga spesso una semplice comparsa, schiacciata dal dettaglio tecnico, che da semplice sfondo diviene alla fine protagonista.
Il futuro di Akira è ipertecnologico, duro, violento, che non ha pietà per i deboli, che schiaccia inesorabile chi non accetta di conformarsi. Kaneda ed i suoi amici potrebbero tranquillamente ritrovarsi tra le pagine di un romanzo cyberpunk: sono ragazzi che lottano, ribelli, vittime ed allo stesso tempo cultori di violenza; il futuro ha chiuso loro la porte in faccia, ed essi devono aprirsi la strada con le unghie e con i denti, sapendo che nulla mai gli sarà concesso gratis.

Spunti e curiosità

Gli albi di Akira compiono un tragitto lunghissimo per giungere agli appassionati italiani: gli originali giapponesi vengono dapprima esportati in America, dove subiscono una parziale rielaborazione (ad esempio l'ordine delle vignette viene invertito, diventando sinistra-destra, alto-basso). Poi gli albi passano in Francia, dove vengono tradotti dalla Glenat; questa casa editrice li rivende infine in Spagna ed in Italia.
Conseguenza di questa odissea, non di rado le pagine di Akira conservano ancora traccia dei tanti ritocchi, ed a volte ciò ne rende ardua la lettura. Esempio tipico, i dialoghi frammentati, i balloons in disordine, addirittura i nomi di alcuni personaggi che variano da un albo all'altro.
Altra curiosità, i suoni traslitterati. Le ripetute traduzioni (kanji -> inglese -> francese -> italiano) hanno generato dei fonemi del tutto particolari per indicare gli effetti sonori. Capita ad esempio che in Akira le raffiche dei mitra suonino come "budda-budda-budda", gli allarmi come "aoga-aoga", i lamenti dei feriti come "lub-dub", ed il rombo delle onde del mare, inspiegabilmente, come "ong-ong".
E' questo un effetto singolare, ma che non affligge il solo Akira. E' infatti sorprendente scoprire come gli stranieri traslitterino diversamente alcuni suoni che a noi sembrano scontati. Esempio classico, il canto del gallo, che per gli italiani è il tradizionale "chicchirichì", mentre nei fumetti francesi è sempre e comunque un enigmatico "coccoriccò"!
il film di Akira, edito in occidente da MultiVision, presenta notevoli differenze dal fumetto. Innanzitutto, ovviamente, ha subìto numerosi tagli. Sul mercato ne sono presenti diverse versioni, ciascuna di durata totale differente. Esiste una versione di Akira con colonna sonora sinfonica, un'altra di tre ore, un'altra ancora che raggiunge le quattro ore.
La versione più diffusa presenta numerose variazioni nella trama, dovute ai tagli. La più importante di tutte: il personaggio di Akira non è neppure presente. Quando Tetsuo distrugge il bunker criogenico in cui si suppone che il bambino debba essere custodito, tutto ciò che trova è una serie di provette, campioni di sangue e tessuto cerebrale, unici resti di un Akira vivisezionato dai militari terrorizzati, incapaci di gestire il mostro che loro stessi hanno creato.

L'autore

Ideatore e sceneggiatore di Akira è il giapponese Katsuhiro Otomo, un prolifico autore di Manga. Otomo ha al suo attivo altre serie di successo, come "Memories" e "Farewell to weapons", pubblicate dalla Epic Comics, e "Domu", apparsa a puntate anche sulla rivista "Comic Art". I disegni di Akira, oltre che allo stesso Otomo, si devono agli artisti del suo team: Yatsumitsu Suetake, Satoshi Takabatake e Hiroshi Hirata. Akira, come ogni Manga che si rispetti, nasce rigorosamente in bianco e nero. Gli albi della Glenat, però, sono a colori: questi vengono aggiunti nell'edizione americana per soddisfare i gusti del pubblico yankee.
Storicamente, Otomo non segue un percorso lineare per la creazione del suo Akira. Al contrario, dopo una prima serie di albi pubblicati in Giappone, egli si dedica alla realizzazione della pellicola. Terminate le riprese, sull'onda del grande successo del film, Otomo decide di riprendere la matita e di produrre nuovi numeri del fumetto, per la gioia dei suoi fan nipponici ed americani. Ed anche italiani, aggiungiamo noi.

Conclusioni

Akira è una lettura obbligata per i veri appassionati di Manga, e non solo per loro. Attualmente, gli albi di Akira sono rintracciabili presso la Alessandro Distribuzioni di Bologna (via del Borgo di S. Pietro 140/A) oppure presso la Borsa del Fumetto di Milano (via Lecco 16). Il film di Akira invece si trova più facilmente, in ogni videostore che si rispetti e che abbia un reparto dedicato alle produzioni giapponesi. Chi sia proprio disperato può rivolgesi alla sede italiana della Glenat, in via Mecenate 87 a Milano.