Si destò nel buio. L’orologio luminescente segnava l’una. Ecco, doveva essere la volta giusta, pensò. Tutto era già programmato, ci stava lavorando da tre anni e non ne aveva parlato con nessuno se non con pochi che non conoscevano i suoi reali scopi. Aveva fatto testamento, i suoi due figli erano già sistemati, a sua moglie sarebbe rimasto un buon gruzzolo, c’era chi avrebbe pensato all’azienda e ai dipendenti. Se altre volte aveva tentennato, intuì che non avrebbe avuto senso aspettare ancora. Tese una mano verso il telefono sul comodino e inviò un codice, poi si alzò, si vestì con calma e sgusciò fuori casa. L’eli-taxi automatico l’attendeva, diede l’indirizzo della Corporate Space Enterprise.

 

Il volo durò mezz’ora. La mini-nave era pronta, i motori fotonici già riscaldati. Salutò l’addetto, prese posto ai comandi, chiuse il portello: da ora in poi sarebbe rimasto solo. Pochi secondi, e la mini-nave sfrecciò su una sottile scia di fuoco verso le stelle. La Terra si allontanava dietro di lui. Finalmente si rilassò. Da questo momento non ci sarebbe stata fretta, mai più: avrebbe avuto a disposizione tutta la sua vita.

La piccola nave era equipaggiata con cibi sintetici, bevande, medicine, video, libri, registrazioni musicali, giochi interattivi, attrezzi ginnici, scacchiere intelligenti, casco per realtà virtuali, radio, tv, Internet (utilizzabili finché fosse stato possibile comunicare con la Terra), ma dubitava che avrebbe mai usato questi oggetti. Dopo un’ora di accelerazione era lontano e solo, come mai nessun uomo aveva sperimentato.

In quattro mesi aveva superato i confini del Sistema solare, un anno ancora ed era oltre la stella più vicina, due anni ed era sprofondato nel buio più vasto e oscuro, stelle e galassie come fioche luci lontane appena percepibili, appena ricordabili. Era lui l’unica cosa viva nel raggio di centinaia di miliardi di km. cubici, di migliaia di anni luce, forse (per quanto poteva saperne) l’unico vivente nell’intero universo. Nella memoria elettronica di bordo c’era traccia del percorso seguito: in qualunque momento avrebbe potuto invertire la rotta. Dubitava che l’avrebbe mai fatto. Ma era bello saperlo. E si rendeva conto che dopo un certo periodo di volo sarebbe stato impossibile far ritorno: il percorso avrebbe superato un limite di complessità. Anche questo, pensò, era bello sapere.

Diede un ultimo sguardo al buio esterno, a rade luci lontanissime: sogni svanenti. La nave proseguiva a velocità enorme. Si distese sulla brandina, inghiottì la pillola. Il medicinale avrebbe attivato i geni umani dell’entrata in letargo, già esistenti nel corpo umano ma normalmente disattivi, facendolo “dormire” per circa diecimila anni.

Nel prenderne piena coscienza provò una rilassatezza, una pace,  una gioia immense: era come rientrare in un utero, dimenticare la vita, uccidere la morte, richiudersi sulla propria anima, rescindere l’obbligatorio contratto con l’umanità intera, sciogliere le catene, delegare agli altri, tentare l’impossibile, morire per risuscitare.

Furono i suoi ultimi pensieri. Chiuse gli occhi.