Appassionato fin da ragazzino di fantascienza, non si perde una pellicola al cinema e comincia a raccogliere materiale cinematografico in Super8 e 16mm e tanti memorabilia. Grazie alle sue conoscenze con Dario Argento e Carlo Rambaldi (con i quali tuttora esistono dei forti legami di amicizia) riesce ad organizzare la prima convention di fantascienza a Ferrara, lo SFIR (Science Fiction Italian Roundabout) che si ripete per qualche anno. Gli appassionati lo conoscono soprattutto per essere la memoria del cinema di fantascienza: non c’è regista, attore, scena di un film che non sappia descrivervi con dovizia di particolari. Giovanni Mongini  (Quartesana, 14 luglio 1944) è tutto questo e molto di più. Scrittore, produttore cinematografico, saggista e critico cinematografico italiano di fantascienza, Mongini è stato il primo, assieme alla figlia Claudia, a gestire una cineteca specializzata, da alcuni considerata tra le più fornite al mondo. Negli anni novanta ritorna all’editoria con la pubblicazione di 11 nuovi volumi della Storia del Cinema di Fantascienza, curati assieme alla figlia Claudia, che giungono a trattare fino agli anni 2000, sempre per la Fanucci Editore. L’opera si aggiudica il Premio Italia. Per la Perseo Libri e per la Elara Libri si è occupato di narrativa, romanzi e saggi brevi. Sono usciti, per la Della Vigna Edizioni, nuovi romanzi e saggi a carattere cinematografico. Il suo sogno attuale, che a breve si concretizzerà, è la creazione di un Museo della fantascienza che sta prendendo forma in quel di Gaiba, nel Rovigote. A Mongini abbiamo posto alcune domande in merito al prequel de La Cosa, ma anche su dove sta andando il cinema di fantascienza.

Un altro remake de La Cosa: se ne sentiva il bisogno?

In maniera molto personale: no. Però, questo è un prequel, anzi un reboot. Non che le cose cambino poi di molto, ma dal punto di vista della storia spero di vedere quantomeno qualcosa di divertente. La critica massacrò La Cosa di Carpenter e non se lo meritava proprio, almeno secondo me.

Tra il film del 1951 di Howard Hawks e quello del 1982 di John Carpenter, quale hai preferito? E quale può essere considerato il più aderente al racconto originale di Campbell?

Bisogna considerare che io, purtroppo o per fortuna, ho vissuto quei momenti. Ciò che per molti oggi è un classico, per me è stato una prima visione che, devo dire, mi colse di sorpresa, perché non lo vidi alla sua prima uscita ma in quello che era una volta un “doppio programma”, cioè due film in un colpo solo. Quando lo vidi allora colpì moltissimo il mio animo di ragazzino e mi piacque molto, ma dovetti rivederlo per capire meglio quello che dicevano i doppiatori. L’overlopping dialog di allora, cioè le battute veloci e a raffica, non erano perfettamente comprensibili,  specie se la sala non era dotata di un buon audio. Detto questo, viene da sé che preferisco il primo, ma ho il massimo rispetto per il remake, cosa che non ho tra il primo Villaggio dei Dannati e il secondo, girato da Carpenter con la mano sinistra e svogliatamente. In più il remake della Cosa è molto più fedele al testo originale rispetto al film di Nyby-Hawks. In DVD il primo film è stato presentato in versione colorizzata, il che è stata una mossa inutile, ma il delitto più grave che è stato commesso riguarda la lunghezza delle due versioni e cioè sia quella colorata che quella originale: mancano cinque minuti e questo non si fa…