Basti pensare che in quegli stessi anni uscivano romanzi di grande maturità come le Cronache

marziane di Ray Bradbury, Cristalli sognanti di Theodor Sturgeon o Anni senza fine di Clifford Simak! Ma la fantascienza cinematografica muoveva allora i suoi primi passi, ripercorrendo specularmente la stessa strada già percorsa dalla fantascienza letteraria: La Cosa si pone, nell’immaginario fantascientifico, affianco a un capolavoro narrativo come Il distruttore nero di A.E. Van Vogt, non a caso di molti anni precedente (1939), ma simile nell’impianto, proponendo un alieno di devastante potenza e invincibile intelligenza istintuale. Per dirla più semplicemente, è emblematico che “la Cosa” provenga ancora da Marte.Quando John Carpenter si prese la briga di girare una sua versione de La Cosa, tra l’altro anche più vicina all’originale campbelliano, sapeva di dover fare i conti con oltre quarant’anni di cinema fantascientifico, giunto a un grado di maturità molto elevato rispetto al 1951. Non solo: solo pochi anni prima, nel 1979, Ridley Scott aveva diretto Alien, che riprendeva il tema della minaccia aliena rappresentata da una sola, ugualmente mostruosa creatura. I parallelismi tra Alien e La Cosa sono molteplici, anche nella resa visiva della Cosa che, quando non impegnata ad assumere le sembianze di qualche ospite terrestre, è un ammasso di carne mostruosa e animalesca: si tratta in entrambi i casi di xenomorfi, a differenza della Cosa del 1951 che aveva chiare fattezze umanoidi, assai simili a quelle del mostro di Frankenstein. In entrambi i film, si dubiterebbe che l’alieno contro cui si lotta sia intelligente quanto gli esseri umani. Eppure, entrambi sono capaci di costruire e guidare un nave spaziale. E non è un caso che entrambi siano definiti solo da un nome generico: la Cosa e l’Alieno.

Curiosamente, così come nel 1951 Ultimatum alla Terra si poneva come evidente contraltare all’immagine pessimistica dell’alieno proposto ne La Cosa, nel 1982 il film di Carpenter si trovò a confrontarsi con un’immagine radicalmente diversa di extraterrestre, presentata da Steven Spielberg nel suo rassicurante E.T. Anche qui, tra l’altro, il protagonista alieno è solo – per quanto ‘dimenticato’ dall’astronave madre, e non giunto solitariamente in vista della Terra – e definito solo con un nome che designa la sua essenza: E.T., cioè extraterrestre. Non che mancassero, anche negli ani ’80, i film incentrati sulla minaccia aliena, di cui Alien era stato un brillante antesignano. Il fenomeno UFO, del resto, continuava a spopolare in quegli anni, dividendo i belivers tra coloro che vedevano nei visitatori extraterrestri una minaccia contro cui difendersi – i rapimenti e tutto il resto – e coloro che invece li ritenevano, sulla falsa riga di Star Trek, avanguardie della pace interstellare. Carpenter stesso, due anni dopo, in Starman, consegnerà all’immaginario cinematografico un alieno polimorfo, come la Cosa, ma di stampo benevolo. Lo “Starman” di quel celebre film assomigliava molto a E.T. per l’identica esigenza di ricongiungersi con la sua gente che l’aveva spedito sulla Terra, ma allo stesso tempo assomiglia anche a la Cosa, per la sua capacità di assumere forme diverse e il singolare arrivo solitario sul nostro pianeta, a bordo anche qui di un’astronave in avaria.

La Cosa di Carpenter è un grande omaggio a una fantascienza classica da Guerra fredda, paradossalmente anche più del film del 1951. Il topos del nemico che agisce dietro le linee, indistinguibile dal resto della gente, proviene dalla ben nota ossessione anti-sovietica della fantascienza americana, esemplificata da un film come L’invasione degli ultracorpi del 1956. Così come l’agente sovietico, la quinta colonna dell’invasione comunista, poteva essere l’insospettabile vicino di casa, analogamente ora la Cosa può essere chiunque tra i membri della base americana in Antartide.

Il sospetto continuo l’uno nei confronti dell’altro trasferisce nella fantascienza il tradizionale impianto del più celebre quanto ansiogeno romanzo di Agatha Christie, Dieci piccoli indiani. Sostanzialmente, il terrore che ispira il film non sta tanto nelle diverse truculente manifestazioni della Cosa, quanto nell’angoscia claustrofobica di una forzata convivenza di un gruppo di compagni tra i quali si nasconde un alieno pronto a massacrare tutti gli altri. Tra l’altro, mentre nel film di Nyby la Cosa giunge sulla Terra pochi giorni prima del suo effettivo ritrovamento, nel remake di Carpenter è invece sepolta tra i ghiacci da circa centomila anni, come gli spaventosi tripodi marziani del War of the Worlds di Spielberg. La cellula dormiente aliena è tra noi e pronta a entrare in azione al momento opportuno.