Gli effetti della Quinta Convenzione di Ginevra

Con l’entrata in vigore degli accordi sottoscritti da tutti i partecipanti a questa Quinta Convenzione di Ginevra, verranno mitigate, se non addirittura eliminate, alcune tra le peggiori conseguenze di ogni guerra, tra cui soprattutto spicca e pesa l’enorme spreco di uomini di giovane e media età costretti a sacrificare la loro esistenza per il proprio paese.

I partecipanti alla Quinta Convenzione si augurano che tutte le nazioni, richiamate dal suo alto valore morale e utilitaristico, aderiscano presto e in modo completo ai trattati in modo da evitare per sempre, in futuro, la scomparsa in guerra, o in conseguenza di essa, di intere generazioni, di vite che altrimenti avrebbero potuto essere meglio dedicate al lavoro o alla famiglia.

Seguono le firme dei rappresentanti delle nazioni partecipanti alla Quinta Convenzione di Ginevra. Seguono le firme dei rappresentanti delle nazioni che hanno aderito successivamente ai trattati

Le luci al neon che dominano la stanza sono così luminose da fargli male agli occhi. Il chiarore così intenso lo fa esitare e lo spinge a restare nella sicura penombra dell’ingresso. Nel centro della stanza c’è un lungo bancone di legno con i bordi rifilati in metallo, e dietro quel bancone, disposti quasi a formare una riga, ci sono degli uomini che lo fissano. Sono tutti seduti. Davanti a loro hanno dei fogli e anche delle penne con cui scrivere.

— Vieni avanti — dice uno di loro, pochi capelli sulla testa, un paio di baffi appuntiti in volto e un’uniforme importante addosso. Gli altri annuiscono in maniera quasi solenne.

— Sì — risponde Gaetano tenendo gli occhi bassi, ma senza muoversi di un solo passo.

— Avanti, vieni. Non vediamo l’ora di conoscerti, giovanotto.

Gaetano raggiunge il bancone e vi appoggia, deciso, i palmi delle mani. Alza lo sguardo e guarda gli uomini uno a uno.

— Bravo. Molto bene. Bisogna essere fieri. La fierezza e la decisione sono due ottime qualità. Abbiamo letto la tua scheda e visto i risultati del tuo esame.

Gaetano lo fissa. I suoi occhi grigi si riflettono dentro quelli scuri dell’altro. Una parte di lui ha paura, una paura che non riesce ad afferrare bene, benché la senta dentro di sé che freme e cerca di sgusciare fuori. Eppure un’altra parte di lui attende quel momento con speranza, come quel premio e riconoscimento a cui tutti, come lui, anelano con desiderio.

Gli uomini seduti dietro al bancone sembrano piegarsi in avanti per dare uno sguardo di conferma ai fogli che, di questo Gaetano se ne convince in quel momento, contengono i suoi risultati.

— Sei stato ammesso nell’esercito, figliolo. Diventerai un soldato. Diventerai un ottimo soldato.

— Diventerò un sol-soldato?

— Certo. Diventerai un soldato. I miei complimenti, giovanotto.

L’uomo gli tende la mano e raddrizza le spalle.

— Complimenti — recitano in coro gli altri membri della commissione esaminatrice.

— Gra-grazie! — risponde Gaetano.

— È un onore essere un soldato, ricordalo sempre.

Gaetano si porta la mano destra sulle labbra, quasi che la domanda che vuole fare abbia bisogno di un aiuto per venire fuori. Esita. Esita ancora. Poi la frase gli esce senza che possa fermarla.