È un po’ come scegliere di regnare all’inferno, invece di servire in paradiso. È ciò che ha fatto Vittorio Curtoni quando, ancora giovanissimo, scelse la fantascienza quale suo campo espressivo. In realtà, saprebbescrivere qualsiasi cosa in ogni dominio narrativo, con risultati sicuramente straordinari. Pochi come lui padroneggiano lingua e stile, tempi e capacità di sintesi. Ciò gli è stato ampiamente riconosciuto dal mondo culturale in veste di traduttore dall’inglese, specialità nella quale si è cimentato senza esitazioni con gli autori e con i generi più disparati. Tuttavia la passione di Curtoni rimane la science-fiction o il fantastico, pur sapendo che si tratta di settori che, in Italia, non garantiscono facili riconoscimenti (certo meno del poliziesco, e persino del fantasy, diverso dal fantastico perché adotta stilemi, più o meno flessibili, derivati da Tolkien). All’interno di uno spicchio creativo circondato da infiniti fossati Curtoni si è proposto uno scopo niente affatto umile: essere il migliore. Ci è riuscito.

Anzitutto come organizzatore. Le sue curatele di Galassia, Robot, Aliens hanno marcato la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, con nessun rivale sotto il profilo dell’innovazione, della scoperta, della riscoperta. Malgrado esperimenti coraggiosi come la rivista Gamma o l’antologia periodica Interplanet, la sf restava la cenerentola della letteratura, chiusa tra mura che nessuno osava valicare. Un poco come il fumetto, ancora ritenuto – solo ed esclusivamente in Italia – prodotto narrativo per bambini. Con le riviste citate, ma soprattutto con Robot, Curtoni sfonda i recinti del ghetto, contamina la fantascienza con le problematiche del presente, la fa vivere quale oggetto di cultura dotato di vita propria e di proprie regole, ma non staccato dall’ambito che lo circonda.

Sono innumerevoli le rivalutazioni d’autore tentate e riuscite da Curtoni. Dick, Silverberg, Ballard, Sturgeon, Leiber, Lafferty. Di alcuni di costoro parlano oggi le storie della letteratura, e sono contesi tra importanti case editrici. Lo stesso Curtoni ha figurato in raccolte scolastiche e in collezioni di racconti, l’arte narrativa in cui eccelle. È infatti scrittore in proprio, particolarmente versato nelle storie brevi, a volte suggestive e a volte dissacranti, mai vuote di sostanza. Se il modello ispiratore era inizialmente Ballard, in seguito si è fatto egli stesso punto di riferimento, libero da qualsiasi scuola o costrizione. Persino da quelle cui la fantascienza nata sulle riviste per adepti si è via via assoggettata, senza peraltro ledere l’originalità dell’intero genere.

Era quanto mai opportuno, direi urgente, raccogliere in un’antologia il Curtoni di ieri e di oggi, presentando a una nuova generazione di lettori testi inediti, rari o sparsi in una pletora di pubblicazioni. Per apprezzarne l’eleganza, la sapienza di scrittura, la facilità apparente che nasconde complessità. Troviamo così l’inedito ed esilarante Incidente sessuale, l’ormai classico L’uomo, l’ombrello e altre cose in versione rivisitata, il televisivo La gaia bomba, ecc. Racconti attuali e non. Dal grottesco al drammatico, in tutta una gamma di tonalità.

Va notato comunque, nella produzione recente di Curtoni, un progressivo slittamento in direzione del fantastico puro, come i racconti compresi in questa antologia testimoniano. A ben vedere, alla sf propriamente intesa appartengono solo alcuni testi, quelli che ho citato perché rappresentano la vera novità di questo libro. Per esempio Incidente sessuale, divertente incontro con una razza aliena dotata, diciamo così, di “doni nascosti”. Una scorribanda degna di un Eric Frank Russell (Galassia che vai) meno pudico. La gaia bomba, con una forte presa sulla nostra realtà, alla maniera degli scritti brevi di Sheckley. E un poco anche, come si scopre gradualmente, L’uomo, l’ombrello e altre cose, degno del Philip K. Dick più geniale e visionario. Ma Curtoni è Curtoni, è inutile cercargli ascendenti. Gli altri racconti sfiorano l’horror o il paradossale, senza pretesti parascientifici di sorta. Il fine comune è spiazzare, dare al lettore una diversa lettura del presente.

Non si cerchino in Curtoni l’avventura fine a se stessa, il paradosso buffo ma inconcludente, la parabola ammonitrice, la sorpresa da due soldi. Lui non è così, per indole intrinseca. Abituato a cercare attorno a sé il paradosso, l’incongruenza, il dettaglio che si presta all’ironia o alla critica, modella su questi la propria narrazione. Quando è con gli amici in un bar di Piacenza come quando scrive. Tante volte i suoi racconti prendono le mosse da una esperienza autobiografica, da un piccolo incidente, da un controsenso rilevato di persona. Il resto segue guidato da un implacabile rigore logico, che allarga la fessura fino a farne voragine.