Le sue labbra sorrisero da sole, ed egli se ne senti felice ed orgoglioso. L’altro uscì infuriato dalla cella, e quando la guardia, immediatamente dopo, venne a richiudere la porta infilò dentro un attimo la testa e gli lanciò uno sguardo di rimprovero.“Il mondo” scrisse quella sera a suo fratello “è solo un ammasso di cretini che non capiscono niente. Ai tempi dell’università ero anch’io un altro uomo: la filosofia kantiana mi affascinava enormemente, e il suo rigorismo morale era una via di salvezza. Le nostre due gioventù sono passate a sbattere la testa contro i muri, a chiedere qualcosa che nessuno ci poteva dare; e quando ce ne siamo resi conto abbiamo cercato un appiglio qualsiasi, Ma adesso di Kant non m’è rimasto più niente, se non la convinzione che l’individuo vale per quello che fa, e che l’azione è l’unico elemento determinante.Ma considera un fatto: l’innegabile mancanza di logicità e di ordine interno che il nostro mondo presenta presuppone la mancanza di una mente organizzatrice. Di conseguenza, ne deriva che le nostre vite sono solo degli incidenti, delle casualità del tutto prive di importanza; e se stiamo ad agitarci per un centinaio d’anni sulla scena di questo pianeta dobbiamo già sapere in partenza che non otterremo alcun risultato.

Io adesso sto lottando per la libertà di pensiero, per salvare la nostra nazione dall’imperialismo americano; ma anche questo è poco, anzi è niente. Cosa credi che valga la nostra amata terra in confronto alla vastità dell’universo e del tempo? Sotto questo punto di vista anche Kant era in errore: il “tu devi” non risolve nulla, semplicemente perché qualsiasi scopo è inutile e transeunte.

Anche tu combatti sui monti, fratello mio caro. Anche tu passi i giorni a sparare. A preparare azioni di guerriglia, a teorizzare sulla vittoria; e anche tu hai lasciato a casa moglie e figli. Indubbiamente hai della fede, come l’ho anch’io; ma quando sei costretto a trovare un momento per riflettere, a fermarti e a chiederti dove stiamo andando – e  questo ti succederà abbastanza spesso dato che non sei cieco – allora non vedo cosa tu possa concludere.

La verità è che la nostra esistenza non significa niente. Noi passiamo da un punto all’altro del tempo senza lasciare tracce; e quando io sarò morto, di me la guardia che sta in questa cella ricorderà solo le feci ammucchiate in un angolo. Questo mi rende molto più facile morire, e non ho paura del loro plotone d’esecuzione. Ma mi rende molto più difficile vivere.

Sai cos’è la vita? Un’interferenza tra nascita e morte. Siamo noi ad ontologizzarla e ad attribuirle tanta importanza. Non riusciamo nemmeno a capire che non facciamo mai veramente niente.

Ciao. Probabilmente questa lettera non ti arriverà mai, e me ne dispiace; ma se sei ancora come ti ricordo dovresti essere in grado di immaginartela tutta da solo. Il guaio,  il vero guaio è che sono innamorato di troppe cose. Solo per questo mi dispiace morire.

Tre giorni dopo gli mandarono un prete. Era sulla cinquantina e la sua tonaca era sporca d’unto. Si fermò sulla soglia, indeciso, e il naso gli si arricciò a sentire tutti gli odori che venivano dall’angolo dei rifiuti.

— Il mio gabinetto perde — gli disse. — Comunque se vuole entri lo stesso.

Entrò. La porta venne chiusa, e lui restò fermo in piedi. Forse non sapeva da dove cominciare. Disse:

— Il prete è un brutto segno. Hanno deciso di fucilarmi?

L’altro annui.

— Domattina. Alle sei.

— È un po’ presto — disse. — Preferirei dormire qualche ora in più.

Non voleva, non voleva assolutamente, eppure un brivido di dolore gli saliva su dalla spina dorsale al cervello, e si mescolava con la febbre e gli dava le convulsioni.

— Lei sta tremando — disse il prete.