Ci sono scrittori che amano ambientare le loro storie in uno scenario conosciuto, magari costruito con certosina meticolosità in anni di lavoro, una scelta che ha il grande vantaggio di non dover perdere più tempo a costruire l'ambientazione, e che in un certo qual modo "vizia" il lettore, che sa già cosa aspettarsi e si ritrova in un ambiente famigliare a ogni nuova storia.

Altri invece preferiscono partire ogni volta da capo, cambiando lo sfondo per ogni storia, Clelia Farris appartiene a questa categoria di autori, e le differenze tra i suoi romanzi non sono da poco: dopo la decadente e fredda Luna, ultimo rifugio dell'umanità, un futuristico e nebuloso oriente, dove la società è dominata da rapporti sociali scritti nei geni, è la volta dell'Egitto, un Egitto ben diverso da quello che conosciamo.

Il palcoscenico de La pesatura dell'anima è infatti un mondo ucronico, che da alcuni indizi sembrerebbe situato attorno al 1.000 avanti Cristo, diviso tra Grecia, Ilio, l'India e altre potenze dell'antichità.

L'antico e immutabile regno egizio ha subito un cambiamento sconvolgente: la scoperta di biotecnologie e la Rivoluzione Verde, che ha portato al potere la Medhite, hanno infatti stravolto visto le antiche superstizioni, e anche l'ambiente è stato completamente trasformato.

L'avanzare delle coltivazioni ha condannato le sterminate necropoli e la pratica della mummificazione ha lasciato il posto alla cremazione, ma adesso anche le Rimembranze dei morti, dove vengono conservate le ceneri, sono minacciate dalla necessità di trovare spazio.

Lo strisciante ritorno del deserto, i terremoti e la minaccia del Mare di Sotto, sempre pronto a irrompere, stanno minando le basi della società, movimenti politici più o meno pacifici cercano di prendere il sopravvento, le Due Terre sono sull'orlo di un cambiamento, ma nessuno sa che strada prenderà.

In questo scenario incerto si muove Naïma, una giovane Hejda, poliziotta capace e coscenziosa, che viene scelta per prestare servizio nei Sette, un gruppo di tutori della legge molto particolare, circondato da un alone quasi leggendario, che si dice essere in contatto con i Giudici, entità soprannaturali, forse anime dei morti, forse Dei.

I sette indagano solo su casi di omicidio e trovano sempre il colpevole, applicando come pena la morte dell'assassino, grazie alla quale avviene la resurrezione della vittima.

Ben presto Naïma si rende conto che gli incontri nel Serdab con i Giudici, la necessità di trovare il colpevole entro ventiquattro ore dall'omicidio e la stessa fama di infallibilità dei Sette sono un fardello pesante da portare, e peggio ancora un'indagine finita con la condanna della persona sbagliata mette in crisi il gruppo, cosa sarà di lei e dei suoi compagni?

Se Clelia Farris non ha l'abitudine a riprendere scenari abituali ha invece quella di collezionare premi letterari con (quasi) ogni romanzo che scrive, La pesatura dell'anima ha infatti meritatamente vinto il Premio Kipple 2010. 

L'Egitto ucronico immaginato dall'autrice è una società complessa, dove movimenti politici e/o religiosi mettono in discussione il potere della Medhite, mentre individui avidi e senza scrupoli cercano di trarre vantaggio dalla situazione.

La Farris fa un uso spregiudicato di termini poco famigliari, che un piccolo glossario aiuta a comprendere, a ciò si aggiunge l'uso, da parte degli abitanti del quartire di Dendera, di un dialetto del tutto inventato ma nonostante ciò comprensibile, almeno con un piccolo sforzo.

Il romanzo è letteralmente infarcito di trovate legate alle biotecnologie, dalle imbarcazioni ai sistemi di scrittura e registrazione, un insieme logico che contribuisce a rendere affascinante la società delle Due terre, leggendolo mi sono lasciato prendere da un Egitto di dighe e canali, solcati da caimani e varani, apparentemente ricco ma instabile e senza più le certezze maturate in millenni di storia.

Ma la bellezza dello scenario non è il solo pregio della storia, la solida trama e uno stile scorrevole e piacevole rendono il romanzo avvincente, un thriller che si può leggere su più livelli, e che pone un interessante dilemma etico, se sia giusto o meno restituire la vita a una vittima a prezzo di quella del suo assassino.

In definitiva un'altra opera straordinaria di una scrittrice che ormai è una solida realtà della fantascienza italiana.