La fantascienza è tutto sommato un tipo di narrativa che ha una storia breve, anzi brevissima, se paragonata ad altre forme letterarie. Se si da per scontato l’inizio nella pubblicazione di Amazing Stories, la prima rivista interamente dedicata alla fantascienza, allora il genere ha appena 74 anni di vita. La rivista, infatti, venne pubblicata in America nel 1926. Un lasso di tempo comunque sufficiente per riconoscere in alcuni testi lo status di classico, di un libro - per citare Italo Calvino – “di cui si sente dire di solito: «Sto rileggendo...» e mai «Sto leggendo...».”

A guardare la storia editoriale della science fiction pubblicata in Italia, infatti, non sono mai mancate collane che si ponevano l’obiettivo di pubblicare per la prima volta, o di riproporre, proprio quei testi dichiaratamente riconosciuti “classici”.

Ma che cos’è un classico in letteratura e nella narrativa che si chiama fantascienza?

Intorno a questa domanda, gli studiosi continuano a dibattere su quali criteri siano più consoni per definire un “classico”. Noi ci limitiamo a fare alcune considerazioni che ci sembrano dettate dal buon senso, riferendoci ovviamente al genere fantascienza.

Sicuramente può aspirare ad entrare nell’alveo dei classici un’opera che abbia il favore sia dei critici sia dei lettori. Dai primi, l’opera otterrà una valutazione precisa sulle qualità letterarie, dai secondi il riconoscimento principale a cui qualsiasi libro dovrebbe ambire, e cioè il successo, inteso nel senso che il libro venga letto dal maggior numero di lettori possibili. Un classico deve trovare tanti lettori che possano condividere fra di loro le emozioni che il testo ha suscitato. Se come lettori ci sentiamo di consigliare ad altri un romanzo è evidente che ci è piaciuto, ci ha lasciato qualcosa che desideriamo condividere con altri.

Ancora, un classico deve avere una vita lunga dal punto di vista editoriale. Se un libro viene stampato una prima volta e mai più ripubblicato è evidente che siamo di fronte ad un testo che potrà essere anche interessante, ma di cui non si è sentita la mancanza. Molti libri di fantascienza cosiddetti “classici” sono dei long seller, ossia vengono continuamente ristampati e se alla fine sommiamo il numero di copie che sono state vendute nel corso di alcuni decenni, probabilmente siamo davanti ad un bestseller. Prendiamo, ad esempio, il caso dell’antologia Le Meraviglie del Possibile, curata da Carlo Fruttero e Sergio Solmi e pubblicata da Einaudi. È un testo che viene continuamente ristampato e, quindi, vuol dire che incontra il favore di diverse generazioni di lettori, segno della bontà dei suoi contenuti.

Con questo numero di Delos proviamo a lanciare un sasso nello stagno, chiedendoci perché è importante leggere i classici. Lo facciamo con Salvatore Proietti - docente di Lingue e Letterature Angloamericane all’Università della Calabria e ben noto ai lettori di questa rivista - che ci aiuta a fissare alcuni punti in merito a cosa s’intenda per classico e quanto sia importante leggere i testi fondamentali della science fiction. Altre note forme della fantascienza nostrana, ci raccontano il loro rapporto con i classici e ne indicano tre, assolutamente da non perdere. Infine, proviamo a redigere – seppur senza pretese di esaustività – una lista di testi fondamentali, criticabile e perfettibile.

L’importante è tenere a mente, anche quando si parla di classici, della ben nota Legge di Sturgeon: "Il novanta per cento della fantascienza è spazzatura, ma in effetti il novanta per cento di tutto è spazzatura". Buona lettura.