Al cinema ci hanno pensato Avatar e James Cameron, su console è Sony a traghettarci nel futuro dell'intrattenimento con Killzone 3, sparatutto dall'imponente sforzo produttivo che anticipa alcuni dei temi caldi dei videogame di domani, come il 3d e i sensori di movimento. Non si tratta di novità assolute, ma stavolta, sebbene ancora accessorie (si può giocare, cioè, anche utilizzando il classico joypad sulla solita tv senza occhialini), vengono valorizzate all'interno del genere principe secondo i canoni del kolossal, che vanta la partecipazione degli attori Malcolm McDowell e Ray Winstone, digitalizzati, grazie alla perfomance capture, nelle nemesi da fumetto dell'episodio. Morto l'autarca Visari, le truppe alleate degli Isa continuano a combattere sul pianeta straniero Helghan, mentre tra le fila del regime si consuma la lotta per il potere.

Non è appena lo scenario politico a essere cambiato rispetto a Killzone 2. Nel nuovo capitolo, si scopre che Helghan va oltre l'uniforme grigiore industriale che accompagnava la marcia delle squadre d'assalto degli Isa in direzione della capitale. Costruito appositamente per stupire, il tour del pianeta offerto da Killzone 3 rivela scenari mozzafiato, spostando l'asse verso la varietà delle ambientazioni. Ma più in generale l'intero videogame è stato riconcepito. Al di là di pochi elementi familiari, ciascuna puntata fa un po' storia a sé: la serie è stata rimaneggiata più volte, modificando anche aspetti importanti del gioco, in un senso piuttosto che in un altro. Come i suoi contraddittori personaggi, a cui risulta davvero difficile affezionarsi, Killzone sembra una saga condannata a rimanere in cerca d'autore.

Tra i punti fermi c'è il sistema di coperture, probabilmente il fiore all'occhiello della ricetta di sparatutto formulata da Guerrilla. Nell'efficace lettura fatta da Killzone 3, la possibilità di sporgersi col fucile e mettersi al riparo, un'eredità dei personal computer che si sta perdendo su console, funge da base granitica per le dinamiche di scontri a fuoco votati all'autenticità. La novità è invece rappresentata dal jetpack, inserito non come semplice variazione sul tema, seguendo per esempio il modello delle roboanti fasi a bordo dei mech, ma donato al giocatore – che lo può azionare a comando come qualsiasi arma - quale ulteriore chiave interpretativa di certe battaglie. I cieli nascondono insomma la gravity gun di Killzone 3 e non manca neppure la versione Guerrilla della cara, vecchia Bfg 9000, lo strumento di distruzione definitivo che esplode i colpi in un tripudio di effetti speciali.

Tecnicamente, il first person shooter di Sony è almeno mezza generazione avanti, andando a completare, insieme a Uncharted 2 e God of War 3, il trittico delle meraviglie di Ps3. L'abbandono dei toni cupi del precedente episodio in favore del caleidoscopio di colori dell'ultima puntata - che, dopo uno sbalorditivo sbarco sulla neve, istantanee naturalistiche a sfondo stealth e un entusiasmante omaggio ai robottoni giapponesi, nelle battute conclusive si trasforma senza mezzi termini in una stupefacente discoteca visivo sonora – incontra l'esibizionismo dello spettacolo più sfrenato, una sorta di passerella dei traguardi raggiungibili in una produzione ad altissimo budget sfruttando il know-how condiviso dei vari team della major. Quell'enorme impegno e perfezionamento in ogni ambito che sulla carta funziona, all'atto pratico però qua e là non riesce a convincere appieno.

Schiacciato tra la voglia di Call of Duty e la vena cinematografica di Metal Gear Solid, da una parte Killzone 3 – che, al contrario del monolitico Killzone 2, fa dell'eterogeneità il suo primo comandamento - propone sfide sempre diverse, dall'altra finisce per soffrire la maggiore scorrevolezza dell'azione - in ragione del vecchio ritmo, forse idealmente falsato dalla lentezza delle movenze, ma più caratteristico - e soprattutto la deleteria scelta dei tempi registici. Molto più ricche e ricreate meglio che in passato, le situazioni di gioco, che sostituiscono con sceneggiature complesse i corridoi di parecchie produzioni, non restituiscono una vera progressione, ma vengono isolate come singoli, peraltro pregevoli, intermezzi tra un lungo filmato e il successivo. Nonostante siano realizzati benissimo, hanno l'aggravante di concentrare l'attenzione sul punto debole di Killzone 3: i personaggi, poco interessanti né fedeli in primis a se stessi, quando la narrazione schietta di Killzone 2, con la costante sensazione di oppressione e un paio di pugni nello stomaco indovinati, sembrava indicare come strada da imboccare quella dell'ambientazione: la guerra nuda, cruda, vista non tanto dall'eroe, ma dal soldato, immerso fino al collo coi compagni in un conflitto spietato più grande di tutti loro.