Un fotografo riceve l’incarico di fare un reportage con la sua Nikkon sull’architettura futuristica degli anni Venti e Trenta in America, immortalando sulla pellicola “le pensiline dei cinema con nervature che irradiano una misteriosa  energia,  i  negozi con  la facciata di alluminio scanalato,  le sedie di tubo cromato che raccolgono la polvere negli androni degli alberghi di terza categoria.” Un tipo di architettura ancora presente nelle città, ma di cui gli stessi americani non hanno consapevolezza. Un incarico come tanti, che però comincia a trasformarsi in una sorta di incubo: la realtà del fotografo si sovrappone a una realtà alternativa, fatta proprio degli edifici e degli oggetti che doveva fotografare. Il fotografo si ritrova così a muoversi in una città futuristica, simile a quella del film Metropolis di Fritz Lang del 1927 e delle copertine di Amazing Stories, la prima rivista di fantascienza.

È questa, in sintesi, la trama del racconto Il continuum di Gernsback (The Gernsback Continuum), scritto da William Gibson nel 1981 e pubblicato anche in Mirrorshades, l’antologia-manifesto del Cyberpunk curata da Bruce Sterling. In questo breve racconto, Gibson rende omaggio - e contemporaneamente prende le distanze - dalla fantascienza delle origini, quel tipo di narrativa che Hugo Gernsback aveva contribuito a sedimentare nell’immaginario popolare degli americani con riviste come Amazing Stories e Science Wonder Stories.

Oltre ad essere l’inventore della science fiction, istituzionalizzata il 5 aprile del 1926 con l’uscita del primo numero di Amazing Stories, Gernsback è noto anche per il romanzo Ralph 124C 41+ (Ralph 124C 41+. A Romance of the Year 2660 ), uscito a puntate (12 in tutto), a cominciare dal numero di aprile della rivista di elettronica Modern Electrics e pubblicato in Italia nel marzo del 1978, nella collana Omega SF*, curata da Aurelio De Grassi e Costanza Prada (quest’ultima anche in veste di traduttrice) per la casa editrice Omega SF di Milano ed in seguito  nel volume Gli anni di Gernsback (1926-1929), a cura di Luigi Cozzi, della Perseo Libri nel 1990.

Il romanzo è considerato uno di quelli appartenenti alla cosiddetta protofantascienza, ma visti i pochi anni che intercorrono tra la sua pubblicazione e la nascita della science fiction e che il suo autore è considerato il Padre fondatore del genere, si può considerare a tutti gli effetti un romanzo-manifesto di cosa doveva essere la science fiction.  Gernsback, all’inizio, aveva coniato il nome di "scientifiction" per designare il tipo di narrativa che intendeva pubblicare sulle sue riviste.

Nato a Lussemburgo, il 16 agosto del 1884, Gernsback (nome d’origine Gernsbacher) proveniva da una famiglia benestante (suo padre era un vinaio). Intraprese gli studi prima all’Ecole Industrielle del Lussemburgo e poi studiò Ingegneria all’università Technikum a Bingen, in Germania. Nel 1890, a soli sei anni, rimase affascinato dall’elettricità, quando un tuttofare del padre, gli fece vedere come collegare una batteria ad un cicalino per far squillare un campanello. Quest’episodio ispirò il giovane Gernsback ad intraprendere una formazione di tipo tecnica, tanto che ben presto cominciò a guadagnarsi dei soldi con l'installazione di cicalini per citofoni nelle case dei suoi vicini.

A dieci anni, come Edgar Rice Burroughs, ebbe un’altra fondamentale folgorazione: la lettura del libro di Percival Lowell dal titolo Mars As the Abode of Life, in cui si speculava sulla natura della vita e della civiltà su Marte. Il bambino rimase affascinato da questa lettura, ma anche dei romanzi di Mark Twain e delle storie del West americano che leggeva direttamente in inglese. Questa lettura vorace di opere di autori americani ha alimentato il suo sogno di viaggiare verso il Nuovo Mondo, sogno che si realizzerà nel 1904, quando a 20 anni acquistò un biglietto di prima classe per Hoboken, New Jersey, portando con se due modelli della batteria elettrica che aveva inventato. La sua famiglia gli diede 100 dollari, sufficienti per vivere circa per sei settimane.