Lei, con frasi lentamente costruite - la lingua Mazan è ostica - credo gli si presenti, ma con mia divertita soddisfazione egli, dio silente e immobile, mostra di non capire affatto. Forse è il senso a sfuggirgli. Ain depone sul tavolo, offrendola al mio controllo, una piccola scatola. È cibo. Mi forzo a una risata fragorosa. Se si aspetta il patetico cliché del malnutrito galeotto resterà delusa. A riprova enumero il contenuto dei suoi pasti più recenti. Adeguato e vario. Taccio il confronto con i digiuni della mia prigionia. Mi ascolta senza interrompere, poi, con quieta gentilezza, sottolinea che metà di ciò che ho elencato è impuro o profano per uno Shakti di famiglia imperiale. Che, replico, non ha mostrato alcuna difficoltà a mangiare. Non mi risponde e attende in un silenzio non impaziente che S.19 afferri con gesti lenti, impacciati - ho ridotto al minimo la distanza tra i bracciali per non far correre inutili rischi alla visitatrice - il dono. Poi riprende a parlargli. Bruscamente le vieto, del resto non è necessario, di continuare in lingua Mazan, e lei prontamente obbedisce. Una frase, che solo per orgoglio non mi faccio tradurre, s'interrompe, ma il tono non perde dolcezza. Non vedendogli al collo il Metis, immancabile mistico medaglione dei puri Shakti, gli offre, se lo ha "perso", di procurargliene uno. Lug si è arruolato, e la ritiene sfortuna, quattro giorni prima dell'armistizio. Gamyr VIII, la sua patria, non ha patito attacchi. Il ragazzo ha fede di neofita e insoddisfatta fame di rischio. Non ha vere ragioni, ma odia con ostentazione e lo fa ammirandomi, per compiacermi. S'intromette affermando che lo Shakti ha il suo "amuleto". Glielo ha visto. Si avventa allegramente e apre i lembi della tuta di S.19, scoprendogli un poco il petto. Appena più grande del vero il Metis c'è. Delineato sulla pelle. La figura centrale è grottesca, deforme. Per oltraggio. Per derisione. Per divertimento. Qualcuno. Di buon talento grafico. Con qualcosa di rovente. Nel controllo di Ain un lieve cedimento. Ha gli occhi lucidi. Mi chiede, è medico, di poter esaminare il resto del corpo. Glielo nego e tento il sarcasmo sulla proverbiale riservatezza Shakti violata e sul suo equivocare il senso del termine "visitatore". La congedo.Nella notte ho sogni che non ricordo, ma che mi svegliano più volte.

Base Mist. 33 giorno. Mattino.

S. 19 mi ascolta con attenzione. Il lavoro di oggi non dovrebbe essere difficile. Nero/tre è una delle parti più interne della Base, dove c'erano i quartieri scientifici. Le difese non saranno numerose quanto quelle della zona blu, prettamente militare. Arriva facilmente in Nero/tre. Entra negli alloggi degli studenti e degli scienziati e ne esce incontrando solo sistemi d'allarme. Trova una cupola, ma non è una serra. Vinr, rimessosi dalle ustioni dell'acido, che segue l'azione sui monitor con noi, ne riconosce il tipo. Un "pollaio". Il locale dove venivano custoditi gli animali manipolati e selezionati a usi bellici. Nella mappa della base non è indicato, ma si sa come sono i laboratori di ricerca. Amano i misteri. Di solito i "pollai" erano isolati, autonomi, con propri biosintetizzatori di cibo. Ogni aspetto, luce, calore, disinfezione, lo so comandato da pannelli esterni. Dico a S.19 di cercarli, bisogna eliminare la poltiglia in decomposizione che sarà rimasta... Sento animarsi la voce del C.d.G. La zona è intatta, attiva, in buonissime condizioni, e... abitata.

- Soprattutto, si direbbe, - il monitor ci mostra irriconoscibili sembianze d'animali - cani. Alcuni hanno uno strano aspetto, ma tutti sembrano cavarsela ottimamente.

Rabbrividisco. La cupola è una bomba di orrori, virus, batteri, condizionamenti alla ferocia aggressiva e chissà che altro. Gli ordino di cercare sul pannello che sta inquadrando il regolatore dell'impianto foto-termico (il "sole") e portarlo alla temperatura di incinerazione. Il suo tono è piatto, ma deciso. Non lo farà. Non ne vede la ragione. Ordini, urla, minacce, sono inutili. Spegne la radio. La rabbia mi spinge a un gesto idiota. Porto al massimo il comando rosso. Distratto dall'improvviso dolore si avvede dell'accendersi di un laser all'ultimo istante. Lo evita rotolando via e finendo contro una delle "griglie" di recinzione, installate per lasciare un ricordo sgradevole a chi vi si avvicina. Per qualche minuto l'immagine è immobile e non chiara, poi riprende a muoversi. L'inquadratura è bassissima. Fino al rientro. Deve aver camminato praticamente piegato in due, e strisciato. Il mio è stato un gesto doppiamente stupido. Per qualche ignota reazione il telecontrollo è fuori uso.