Arnold Schwarzenegger con la moglie Maria Shriver
Arnold Schwarzenegger con la moglie Maria Shriver
Anche il protagonista di Predator 2 (1990) è un attivista politico, ma di segno decisamente diverso: Danny Glover, la celeberrima spalla di Mel Gibson in Arma Letale, che ha supportato nobili cause civili ed è finito persino in manette, durante più di una manifestazione.Abbandonata la fitta giungla del primo film, ci trasferiamo in una giungla urbana (precisamente in una distopica Los Angeles del 1997), nella quale narcotrafficanti e poliziotti si sfidano a viso aperto, sparandosi tonnellate di piombo dalle rispettive “trincee” fatte di automobili.Alla regia c’è Stephen Hopkins, reduce da Nightmare V: il mito (1989), che, ben lungi dall’essere “un mito” fu un bel  fiasco per Freddy Krueger. Hopkins ha poi girato il noto blockbuster Lost in Space, 1998, (forse penalizzato da alcune scene tagliate) e il discusso Under Suspicion, 2000, con Monica Bellucci a far da divisorio tra Morgan Freeman e Gene Hackman che tentano di recitare (in realtà, ci andrebbe anche di segnalare il suo misconosciuto Spiriti nelle tenebre del 1996, soprattutto per alcune trovate originali e l’apprezzabile fotografia).Ritornano i gaudenti fratelli Thomas, e la loro presenza è tangibile. Nel cast figura il caratterista Gary Busey e Maria Conchita Alonso (nota soprattutto per aver recitato, manco a farlo apposta, accanto a Schwarzenegger e Jesse Ventura, i “futuri governatori”, ne L’Implacabile, 1987, tratto dal romanzo di Stephen King L’uomo in fuga.

Danny Glover è Harrigan, uno sbirro capace, che non scende a compromessi con nessuno. Mentre i suoi colleghi associano una serie di macabri omicidi rituali ad una gang locale, è il solo ad intuire che la DEA depista le indagini. Inizia così una personale caccia agli indizi, simultanea a quella del Predator invisibile, che sembra cercare una preda degna, lasciandosi alle spalle una scia di sangue. Ritorna la struttura dei “Dieci piccoli indiani”, così come ritorna il puerile tentativo umano di far cadere in trappola il nemico alieno, troppo astuto ed esperto.

Harrigan, unico superstite della fallita trappola, stanerà il Predator ferito fin dentro la sua astronave (dove vedremo anche la carcassa di un Alien, elemento collante dei futuri crossover), per poi misurarsi con lui nella sempreverde e acclamata scazzottata finale.

E proprio con un’arma rituale del nemico (il tipico “chakram”, in chiave aliena), che Danny Glover, esausto, archivia anche il secondo capitolo (non prima di essere riconosciuto vincitore da altri due Predator, che gli conferiscono un’arma come trofeo di caccia).

Il film incassa 57 milioni di dollari, copre le spese e chiude in attivo. Ma non convince. Ed infatti dobbiamo attendere ben 14 anni prima di vedere nuovamente sugli schermi la “quintessenza della caccia” in azione. È l’occasione per regalare ai fan un crossover in pieno stile fumettistico, contrapponendo i predatori invisibili (o Yautja, come dicono i fans) agli alieni xenomorfi della saga Alien.

Il film Alien vs. Predator (2004) prende le mosse dal fumetto omonimo di Randy Stradley del 1989; la Dark Horse Comics (che beneficiava dei diritti) aveva già realizzato alcuni crossover stravaganti, primo fra tutti Batman versus Predator con le matite di Andy Kubert e alla sceneggiatura nientemeno che Dave Gibbons (co-autore di Watchmen, al fianco di “sua maestà” Alan Moore) che riscosse un successo tale da convincere a produrre un seguito (Batman vs. Predator II: Bloodmatch, nel 1995), e infine a diventare un trilogia con Batman vs. Predator III: Blood Ties del 1997 (nella quale fecero capolino persino Catwoman e Joker, e chi più ne ha, più ne metta).

La regia di AvP (come è spesso abbreviato) è affidata a Paul W. S. Anderson, noto per i suoi adattamenti filmici di videogiochi di successo (Mortal Kombat 1995, DOA: Dead or Alive 2007, e la saga di Resident Evil).