Le Armate Teutoniche, per nulla preoccupate dalla sterile resistenza indigena, attaccavano le postazioni Nordiste ad Amper’s Wharf per poi avanzare incontrastate verso le assolate terre dell’ovest. Cruente battaglie avevano luogo in tutto il continente: dalle pianure di Valverde alle distese boscose di Gran Sequoia fino alle coste frastagliate di Roanoke Island. Alla fine degli scontri l’esercito teutonico annientava gli ottomila soldati Nordisti guidati dal Generale di Brigata e Governatore Eleison Woodwart. Gli Automata inveirono sui cadaveri calpestandoli con i loro pesanti piedi metallici per poi scioglierne le carni con getti di vapore compresso. La stessa sorte toccò alla Divisione Unionista Alabama che, sovrastata dal nemico, non raggiunse mai le terre del nord. In seguito gli Stati dell’ovest subirono pesanti bombardamenti elettrici per mano dei Ballon/Tesla, palloni aerostatici di geniale concezione: le loro antenne aeree erano state progettate per inglobare l’elettricità statica presente nell’aria, per convogliarla poi attraverso circuiti magnetici che l'avrebbero scaricata a terra sottoforma di flussi letali di raggi Röntgen, in grado di incenerire qualsiasi cosa. Gli attacchi si ripeterono negli stati del Profondo Sud (Tex’as, Floridia, lo stato rivoluzionario Zapatista e in quello liberale dell’Alabamax): le città venivano rase al suolo dalle brigate corazzate teutoniche e le popolazioni fatte a pezzi dalla furia metallica degli automi soldato. 

Fu così che la Grande Teutonia portò a termine con successo l’invasione del nuovo mondo. La resa degli Amerindi fu firmata a bordo della cannoniera Ostpreußen alla presenza dei Presidenti Wilson e Google e del Feldmaresciallo Heinrich Lehmann-Willenbrock, Comandante Supremo delle Armate Teutoniche: si dice che nel corso della cerimonia il suo volto metallico di automa meccanico si contorcesse in una smorfia d’umana soddisfazione.

Erano trascorsi soltanto tre giorni dall’inizio dell’invasione e adesso, sopra ad ogni edificio amerindio, sventolava una bandiera rettangolare raffigurante tredici strisce orizzontali rosse e bianche  alternate, sormontate da quarantacinque piccole aquile uncinate in campo blu. Si trattava del nuovo vessillo dei Besitzugen d’oltreoceano, territori in cui niente sarebbe stato come prima.

– Non crederai davvero che dia alle stampe questa roba!

L’affermazione di Mister Kurt Munro, Direttore del Nouvelle Amsterdam Gazette, raggelò il giovane giornalista che se stava in piedi di fronte a lui.

– Lei  mi ha chiesto un pezzo sulle probabili conseguenze del nuovo programma politico del Kaiser –  affermò Robert Howard –  e lo scenario da me dipinto è plausibile.

– Plausibile? –  dissentì il Direttore, appallottolando con rabbia quel foglio di carta. – Credi davvero che i Teutonici siano in grado di organizzare una guerra sul nostro continente? Credi davvero che la macchinologia sia una scienza alla portata di tutti?  Magari quelli di Amazing Stories o Weird Tales apprezzerebbero il tuo plausibile scenario utilizzandolo per le loro squallide storielle di fantascienza!

Howard fece un lungo respiro cercando di mantenere la calma. – La Grande Teutonia ha  mostrato i denti – disse in sua difesa. – Chi di noi si sarebbe aspettato che il Kaiser interrompesse i rapporti con l’Interregno Britannico?

Sul volto del Direttore apparvero i primi segni d’insofferenza. –  L’isolamento politico scelto dal Kaiser finirà per indebolire la posizione della Grande Teutonia sullo scacchiere internazionale – ruggì Munro. – E poi, mio Dio, tu ipotizzi addirittura un’alleanza del nostro governo con gli stati secessionisti del Sud: ma dico, stiamo scherzando? Ti avevo chiesto una riflessione, possibilmente lucida, sulle conseguenze dello scisma di Londinium, e invece mi hai portato uno scenario apocalittico degno delle farneticazioni di un folle! –  A quel punto il Direttore afferrò l’articolo accartocciato gettandolo nel secchio della spazzatura. – La riunione è terminata. Ora  tornatene al lavoro e cerca di scrivere qualcosa che ti ricordi di essere un giornalista... 

Howard raccolse le sue cose e fece per andarsene, quando d’improvviso i vetri dell’ufficio presero a tremare così come la struttura dell’edificio.

– Cosa diavolo è stato?– balbettò il Direttore, scattando sulla poltrona.

Howard volse lo sguardo al finestrone panoramico che occupava l’intera parete est dell’ufficio e restò senza fiato: davanti ai suoi occhi si stagliava l’imponente sagoma di uno Zeppelin. 

Il Direttore, terrorizzato, afferrò Howard per il bavero della sua giacca di tweed. – Dimmi che non è vero! – strillò. – Dimmi che questo è uno scherzo assurdo!

Ma  il giovane giornalista, sorpreso quanto Mister Kurt Munro, rimase in silenzio. Un silenzio interrotto dal rumore delle esplosioni nella zona di Staten Island da dove si alzavano dense colonne di fumo nero.