A quello che un tempo era stata l’autostrada A3, ora un ammasso di cantieri abbandonati nel Kipple, Armando sovrappone una nidiata di uova nere, lontana nello spazio reale quanto prossima nella Rete, immersa in un bagliore verdastro e circondata da formule geometriche e matematiche, da simboli olografici pulsanti. Informazioni preliminari: natura, organizzazione e stato operativo del Comitato di Liberazione Nazionale.La salta a piedi pari.Sa quanto gli basta sul CLN, tutto quello che gli serve per annusarli e predarli. Il resto sono stronzate.Intanto il basso di Kim Gordon affetta i dendriti con White Cross. Gli viene su una certa fregola, non sa se per l’isterismo rock della canzone o per le gambe della Gordon.

Dovrebbe andare avanti col backup di missione, ecco cosa dovrebbe fare. Ma ha tutto il tempo, il viaggio è lungo e adesso è troppo eccitato.

Mette in funzione il navigatore, disattiva il suo lato cosciente e comincia a proiettarsi nella materia grigia un porno del 1984. Roba di gran lusso.

Ai margini della sua corteccia s’affaccia la tentazione di smanazzarsi un po’. Chissà che effetto farebbe a quei pochi che lo sorpasserebbero in autostrada: un energumeno stagionato che guida a occhi chiusi con una mano, mentre con l’altra si tira gioiosamente una sega.

 

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L’alba, forse.

Francesco cerca una finestra, ne scosta le tende e dà un’occhiata fuori.

Niente cielo per l’Italia.

Mai più.

L’esplosione della Guerra Civile ha decorato il clima di nubi grigie, compatte come il cemento, che piangono acqua sporca in continuazione, come un rubinetto arrugginito; una pioggia interrotta solo dal fragore delle bombe.

I suoi pensieri volano su coordinate che portano a latitudini più basse, planano verso sud, dritte sull’altro mondo che è Bassitalia: niente corrente elettrica, a parte quella di generatori di fortuna e di tre pale eoliche in croce che hanno resistito alle offensive, niente cibo, niente fognature, niente reti idriche, niente ospedali, niente Stato, niente d’un cazzo di niente.

Mai più.

Bice s’è svegliata da pochi minuti ed è già davanti al lavoro davanti al terminale, in costante contatto criptato con la cellula di Bologna, qualche chilometro più a valle. Ci sono gli ultimi dettagli da sistemare: tracciature di cluster, chiavi di sistema, coperture ottimizzate.

La fissa per qualche istante: chissà che ne sarà di lei, domani. E se l’operazione andasse tutta a puttane? Da tempo ha provato a disaffezionarsi alla sua pelle, a cristallizzare i suoi respiri in ricordi già pronti da usare in caso di distacco. Tutti tentativi finiti male.

– Che hai da guardare? – Bice si volta, gli sorride – Oh, non ti fare venire strani pensieri, ché non è il momento. Qua è tutto un casino. Quasi hanno perso il sonno, i compagni laggiù.

– Stai tranquilla, col sonno che ho, mi addormenterei anche se ti mettessi a fare la danza del ventre.

– E allora ti rigiro il tuo più classico “va’ cùrcati”. Il letto è là.

Così Francesco s’infila sotto le coperte, giustapponendosi alla tiepida impronta lasciata da Bice. Dalla finestra ora viene un lieve bagliore che attraversa le nubi: le luci dello sprawl emiliano, città espanse come cellule impazzite di cemento, metallo e fibre ottiche.

Gli basta chiudere gli occhi per essere nell’altro mondo.

Bassitalia, inesorabile proliferare di tumori nel Kipple: carne divorata e persone distrutte dal loro atomo costitutivo fino al macrosistema collettivo: le mafie, ora unite più che mai, tronfie grazie al mercato nero e con un esercito di uomini imbottiti d’innesti cibernetici made in USA, scorrazzano nella polvere entropica come cetacei mutati in un plancton tossico. Attraversando nel ricordo le lande della Bassitalia Libera – come no, libera di marcire – le istantanee ingiallite della recessione che precedette il conflitto bruciano in un sorriso amaro; le ceste piene di pane nero e di soldi come carta straccia non furono che il preludio.

La Guerra Civile.

Quella con bombardamenti, eserciti, bandiere e carrettate di morti è finita da tempo, con esito schiacciante a favore della Repubblica Federale del Nord; il risultato immediato è stato l’abbandono del Meridione al suo destino di pattumiera, senza neanche differenziare l’essere umano dai rifiuti umidi. Una gamba in cancrena che la guerriglia del Comitato sogna di curare. Un branco di quattro stronzi che corrono appresso a un’Idea. Ben organizzati, certo, ma senza lo straccio di un appoggio finanziario, concreto, che sia uno. CLN, Comitato di Liberazione Nazionale. Francesco e Bice sono due dei loro.

Due stronzi illusi.

 

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Strade morte, quasi senza fine, deserte.

Le prime luci dell’alba, una lama di fotoni in un cuore di tenebra.