L'ingresso di Avatar nelle sale cinematografiche si avvicina ormai a rapidi passi. Le iniziative promozionali si moltiplicano, e anche i protagonisti del film si danno da fare. Così il sito IESB.net pubblica tre lunghi articoli nei quali il regista canadese James Cameron, il produttore esecutivo Jon Landau e alcuni membri del team che ha lavorato al progetto parlano a ruota libera del film e della lavorazione. Gli interventi toccano tre temi che stanno alla base della pellicola: la costruzione del pianeta alieno Pandora e della sua eco-biologia, la definizione dei personaggi e l'utilizzo della tecnologia per le riprese.

Nel primo articolo viene affrontato il tema della creazione di Pandora, che Cameron ha definito "un giardino dell'eden con denti e artigli". Il problema fondamentale consisteva nel creare da zero in computer grafica non un solo mondo, bensì due: il pianeta Pandora con la sua ecologia complessa e il mondo umano della colonia di Hell's Gate. La linea guida da seguire è stata dettata agli esperti convocati da mezzo mondo dallo stesso Cameron: i due mondi dovevano essere abbastanza alieni da risultare stupefacenti ma al tempo stesso presentare elementi di familiarità, affinché lo spettatore potesse identificarvisi al meglio. Tutto ciò è stato facilitato dal fatto che Cameron, nell'arco di due anni, aveva pensato ogni elemento in modo coerente. Per usare le parole del designer Robert Stromberg e dello scenografo Rick Carter, è come se Cameron avesse davvero viaggiato su Pandora, portando indietro i suoi appunti di viaggio e utilizzandoli per la realizzazione del film. Così le foreste del pianeta non appaiono troppo diverse dalle giungle di casa nostra, ma la presenza di alberi alti mille metri, di montagne sospese e di flora bioluminescente ha caricato di "alienità" l'universo pandoriano. Gli animali alieni ricordano per alcune caratteristiche gli equivalenti nostrani, ma se ne distaccano per altre caratteristiche che poi si riveleranno determinanti nel racconto: il Thanator è "una pantera che potrebbe mangiare a pranzo un T-Rex e un Alien come dessert". Fondamentale per la trama è il Banshee, la creatura alata che svolge anche la funzione di "test" spirituale per l'ingresso nel mondo dei Na'vi. La stessa strutturazione dei Na'vi, organizzata in clan, ha consentito di specificare meglio il rapporto degli indigeni con il resto del pianeta. Da questo punto di vista è interessante la teoria della "rete neurale biologica", che unisce tutte le creature viventi del pianeta: epicentro della rete è l'Albero delle Anime (concetto questo un po' abusato, N.d.A.) che convoglia il flusso energetico del pianeta. Analoga attenzione è stata dedicata alla costruzione della base umana: Richard Taylor e TyRuber Ellingson hanno progettato armi e mezzi in modo tale che mantenessero somiglianze con quelli che conosciamo, pur nelle specificità necessarie per Pandora. Così la tuta mech AMP è robusta ma agile per muoversi nella foresta, mentre i velivoli sono tutti a decollo e atterraggio verticale visto che devono muoversi in un fazzoletto. Lo stesso abbigliamento dei Na'vi è stato concepito per essere ornamentale e pratico al tempo stesso.

Il secondo articolo racconta di come sono stati concepiti i personaggi del film, a partire dal protagonista Jake Sully, ex marine paraplegico. "La condizione di disabile di Jake - spiega Landau - rende il personaggio immediatamente identificabile e crea con il pubblico un legame emotivo molto forte." Jake è un personaggio complesso, dotato di passione, forza, intelligenza e sensibilità. Fondamentale per la definitiva costruzione del personaggio è stato l'ingaggio di Sam Worthington, il cui lavoro su Jake è stato principalmente di tipo psicologico. Altrettanto determinante è il personaggio della Na'vi Neytiri, donna forte, decisa e, almeno all'inizio, sprezzante verso gli umani. "Neytiri e il suo popolo rappresentano il modo di vivere in armonia con l'ambiente, cosa a cui anche noi dovremmo tendere," dice Cameron. Come in tutti i suoi film, il personaggio femminile è la chiave di volta della vicenda, e l'interpretazione di Zoe Saldana ne rende al meglio la combinazione di fierezza e delicatezza. Così come forte e decisa è Grace Agostino, la scienziata a capo del progetto Avatar e interpretata dall'attrice feticcio di Cameron Sigourney Weaver. L'articolo continua descrivendo le caratteristiche di tutti i personaggi principali con i commenti degli attori che li hanno interpretati. Due note interessanti riguardano la pre-lavorazione del film: prima di iniziare le riprese vere e proprie la troupe si è trasferita per un certo periodo alle Hawaii, dove gli attori hanno interpretato nelle foreste parte delle scene che poi avrebbero ripetuto negli studi in performance capture. Questa esperienza (parecchio faticosa, come ammette la Saldana) ha però permesso agli attori di apprendere la "fisicità" e la gestualità corretta, da trasferire poi ai loro avatar in computergrafica. L'altra nota riguarda la cura con cui sono stati definiti tutti gli aspetti della cultura Na'vi: il linguista Paul Frommer ha studiato un sistema di fonemi, mentre la coreografa Lula Washington e il ballerino Terry Notary del Cirque du Soleil hanno studiato e realizzato le coreografie delle danze indigene.

Nel terzo articolo viene analizzato l'uso della tecnologia in Avatar, a cominciare dal rifiuto di Cameron di utilizzare attori umani truccati per interpretare i Na'vi. Questo perché determinati parametri fisici, come ad esempio la distanza tra gli occhi, le proporzioni degli arti e altro ancora, non sono modificabili in modo deciso, e perché l'applicazione di maschere di gomma "filtra" la capacità espressiva degli attori. La tecnica del performance capture consente di evitare queste negatività; Cameron ha dovuto aspettare però dieci anni dal lontano 1995, anno in cui vide un primo prototipo di questa tecnologia e ne intuì la potenzialità. La tecnologia era immatura, così il progetto venne accantonato per essere ripreso nel 2005, anno in cui, grazie all'impuso dello stesso Cameron, venne sviluppata una tecnologia più raffinata di performance capture facciale: anziché la matrice di punti luminosi, usata nella tradizionale motion capture, gli attori hanno indossato un copricapo simile a un casco da football con microvideocamere ad alta sensibilità integrate, in grado di riprendere ogni minuscolo movimento facciale, compresi i movimenti degli occhi. Un'altra innovazione introdotta da Cameron è stata la Virtual Camera, che permette di girare su un set in computergrafica come se fosse un set "in carne e ossa"; ciò significa che, mentre nello spazio Zoe Saldana recita su uno sfondo blu, sul monitor collegato Cameron vede Neytiri recitare nella foresta pandoriana. Il tutto in tempo reale. Nella realizzazione di tutto ciò è stato fondamentale l'apporto di esperienza della WETA Digital di Peter Jackson.

Come detto i tre interventi sono molto lunghi e dettagliati, ed è davvero impossibile riportarli in modo esauriente nelle poche righe di una news. Pertanto l'invito è quello di leggere gli articoli in originale (in inglese), riportati nei link fra le risorse in rete in fondo alla pagina. Per capire come si è arrivati alla costruzione di un intero universo visivo e narrativo, partendo semplicemente dalla visione di una persona.