Al cosmonauta russo prescelto per il primo volo di un essere umano nello spazio erano state date poche probabilità di riuscita, i responsabili del programma spaziale avevano parlato di un dieci percento. Invece la capsula Vostok 1 si sollevò regolarmente, spinta dalla potenza del razzo Semyorka, il missile progettato dal Von Braun sovietico, Sergei Korolev. Semyorka si sollevò nell'atmosfera, Gagarin si sentì schiacciare contro il sedile, ma furono sufficienti pochi minuti, poi Yuri parlò, disse: "Osservo le nuvole, è bello, un vero splendore. Il cielo è nero, neroŠ L'assenza di peso è una sensazione curiosa". Yuri aveva 27 anni, era il primo uomo nel cosmo, era il primo uomo che guardava la Terra dallo spazio e la vedeva azzurra e bianca e si commuoveva. Restò nello spazio per un'ora e 48 minuti, percorse un'orbita intera. Non molto, anzi poco. Ma abbastanza per non dimenticare più una simile esperienza. Uno dei momenti più difficili fu il rientro: Korolev non aveva ancora del tutto risolto il problema della frenata della capsula così, a settemila metri di altezza, il portello si aprì e Gagarin venne proiettato all'esterno mediante un seggiolino a razzo atterrando poi tranquillamente appeso a un paracadute.

Divenne un eroe, un mito, anche in occidente. E' stupefacente il silenzio che riguarda questo anniversario, di portata epocale, un passo decisivo dell'umanità. Credo voglia significare due cose: un certo disinteresse da parte dell'opinione pubblica nei confronti della "conquista dello spazio" e il ruolo marginale, molto marginale in cui è relegata l'ex Unione Sovietica. Quindici giorni fa ho chiesto a quaranta ragazzi di 18 anni riuniti per un corso di scrittura se sapessero quando il primo uomo ha volato nello spazio: nessuno lo sapeva con esattezza.