Charles Stross è sempre stato un tipo originale. Lo dice la sua vita, trascorsa a laurearsi in farmacia e in informatica - specialità oggettivamente difficili da vedere accoppiate nella stessa persona - e a lavorare come programmatore, autore tecnico, giornalista freelance, prima di diventare scrittore a tempo pieno. E lo dicono le sue opere: Accelerando, L'alba del disastro, Singularity Sky, Giungla di cemento, Universo distorto, e altre ancora. Tutte opere in cui il quarantacinquenne di Leeds esprime varie versioni di se stesso, nelle quali di volta in volta si dichiara seguace della teoria della singolarità, ammiratore delle atmosfere di Lovercraft e fondatore della corrente della fantascienza "mondana". Il suo sito ufficiale (www.antipope.org/charlie, un nome che lascia pochi dubbi) è totalmente controcorrente: niente foto, video, link o quant'altro, ma solo testo, ad affermare la supremazia della parola sull'immagine. Da un personaggio così è lecito aspettarsi qualunque cosa, ma stavolta Stross ha spiazzato veramente molti.

Infatti in un intervento pubblicato sul suo blog ufficiale nei giorni scorsi, Stross ha rivelato tutto il suo odio viscerale verso gli attuali standard televisivi in materia di fantascienza. E che di odio si tratti, in senso fantascientifico, è espresso direttamente dal titolo dell'intervento. Tutto comincia con la trasmissione nel Regno Unito del primo episodio di Star Trek: The Next Generation. Per Stross, a cui piaceva la serie classica, è odio a prima vista. La cosa continua e peggiora con gli anni: praticamente tutte le serie prodotte e trasmesse a partire dalla fine degli anni ottanta, da Babylon 5 a Star Trek: Voyager, e perfino la pluridecorata Battlestar Galactica, gli causano una repulsione quasi fisica. Per non parlare di Doctor Who... La cosa lasciava perplesso lo stesso autore, che non riusciva a trovare un motivo razionale per questo rifiuto, finché non ha letto una dichiarazione rilasciata di Ron Moore, creatore del remake di Galactica, riportata da Sci Fi Wire. E l'universo gli si è improvvisamente spalancato.

Nell'intervista Moore critica pesantemente l'aspetto scientifico e tecnologico della serie Trek, definendolo senza giri di parole "insignificante". Secondo Moore alla base delle sceneggiature ci sarebbe un meccanismo narrativo standardizzato che comporta l'introduzione di una qualche novità, invenzione o scoperta come elemento risolutore della trama. Per cui gli autori creano un conflitto e poi lo fanno risolvere a suon di invenzioni tecnologiche: "lo fanno risolvere" è l'espressione adatta, perché durante la scrittura gli autori trekkiani non si preoccupano minimamente di definire, anche solo di massima, quale novità tecnologica possa essere l'elemento risolutore di una trama. Si limitano a creare la trama usando termini assolutamente generici (tech) e poi passano lo script ai consulenti scientifici che sostituiscono le parole generiche con le espressioni tecniche più adeguate al contesto, e che Moore definisce technobabble. Moore sostiene di aver verificato personalmente questo modo di lavorare, e che per reazione ha voluto dare alla sua Galactica un'impronta iperrealistica.

Moore riproduce anche un immaginario dialogo di uno script prima dell'intervento dei consulenti:

La Forge: "Capitano, la tech è in avaria!"

Picard: "Inserisca la tech ausiliaria su quella principale."

La Forge: "Capitano, ho provato a modificare la tech ma non funziona!"

Picard: "Allora siamo condannati."

Data: "Capitano, c'è una teoria per la quale se utilizziamo questa tech su quest'altra tech..."

Leggendo questo articolo Stross riesce a razionalizzare ciò che fino a quel momento aveva percepito solo a livello inconscio. È indubbio che tutta la sua produzione letteraria sia basata su un concetto molto rigoroso di estrapolazione scientifica e tecnologica, in cui i termini, anche neologismi, assumono un'importanza fondamentale. Nella concezione di Stross, "la fantascienza, al suo meglio, è un'esplorazione della condizione umana in circostanze che immaginiamo possano esistere ma che non esistono al momento, sia perché non esiste la tecnologia, sia perché ci sono lacune nella nostra conoscenza dell'universo, o solo perché siamo a corto di asteroidi in rotta di collisione con il Mar del Giappone - ipotesi improbabile ma plausibile."

Nel suo modo di lavorare, Stross parte elaborando quella che definisce una "mappa cognitiva" culturale, creando poi personaggi coerenti con quel contesto. Il contesto culturale immaginato differisce dal nostro per conoscenze e tecnologie, e tutto ciò provoca effetti sociali diretti e indiretti. I personaggi si muovono naturalmente in questo contesto, per cui Stross cerca di pensare con la loro testa. Dopodiché crea un conflitto e prova a immaginare quali conoscenze e tecniche, tra quelle immaginate, i personaggi possono usare per risolverlo. L'approccio trekkiano è diametralmente opposto: il background culturale (inteso come sopra) è irrilevante, e fornisce solo un pretesto per una storia di interrelazioni tra i personaggi, che potrebbe svolgersi in qualunque epoca anche passata con relativamente pochi adattamenti.

Stross riconosce i limiti dei prodotti televisivi ai quali comunque non perdona il meccanismo di reset, per cui al termine di ogni episodio la situazione viene riportata al punto di partenza per l'episodio successivo. E i tentativi di sviluppare una continuity tra gli episodi spesso, secondo l'autore, producono risultati patetici. Questo per Stross, che concepisce la fantascienza per il suo carattere dirompente nel mostrare cambiamenti rivoluzionari, è il peccato originale di cui i serial tv sono afflitti: l'incapacità di mostrare l'evolversi della condizione umana sotto l'impulso della rivoluzione scentifica e tecnologica; l'aver rinunciato all'unica chiave di lettura possibile, relegando l'elemento di estrapolazione a mero valore simbolico. I personaggi dei serial tv sono slegati dal contesto in cui si muovono, venendo rappresentati con cliché, e questo magari solo per adeguarsi al volere dei boss televisivi di turno, di solito avversi a proporre qualcosa che si discosti da un prodotto consolidato per il pubblico medio.

In conclusione, la noia provata da Stross verso i serial tv è servita da spunto per una disamina sul livello della fantascienza televisiva (e aggiungiamo, anche di quella cinematografica) in rapporto alla "visione" con la quale il genere era nato. Disamina interessante anche per aver permesso di conoscere il processo creativo di uno degli autori più innovativi e fuori dagli schemi degli ultimi decenni. Sarebbe divertente se Stross si cimentasse in prima persona nella creazione di una serie sci-fi seguendo i suoi canoni creativi. Anche se molto difficilmente riuscirebbe a realizzarla.

(In fondo alla pagina sono riportati i link degli interventi di Stross e Moore)