Quando acquistiamo su internet una canzone, un libro o un film in versione elettronica da scaricare, stiamo acquistando qualcosa o stiamo solo pagando un diritto di utilizzo temporaneo?

La domanda, che non è irrilevante, anzi è alla base del futuro del mercato dell'intrattenimento, se la stanno ponendo in queste ore soprattutto coloro che nei mesi scorsi avevano acquistato su Amazon.com una copia elettronica di 1984 di George Orwell, o di un altro libro dell'autore inglese, La fattoria degli animali. Il fatto è che a un tratto le copie di questi due libri sono spariti dai dispositivi degli acquirenti, cancellati con un comando da remoto da chi li aveva venduti.

Il dispositivo di cui stiamo parlando è il Kindle, il lettore di libri elettronici che sta per la prima volta facendo decollare questo settore, fino ad oggi un po' in ombra. Il venditore è Amazon.com, produttrice del Kindle. Negli ultimi mesi la percentuale di libri elettronici venduti ha raggiunto il 18% del totale, su Amazon: un risultato straordinario che non ha precedenti per il mercato degli ebook. Il Kindle è un fenomeno di moda, è un po' l'iPod dei libri; e Amazon si propone all'editoria come la Apple si è proposta, con successo, al mondo della musica.

Amazon stringe accordi con gli editori e mette in vendita sul proprio sito le versioni elettroniche dei libri degli editori stessi. È accaduto però che un editore, MobiReference, abbia messo in vendita i due libri di Orwell senza averne i diritti. Per riparare al danno ed evitare guai legali, Amazon.com non ha solo ritirato dalla vendita i due libri, ma ha anche cancellato le copie vendute dai dispositivi dei suoi clienti, tramite un comando remoto. Naturalmente, l'importo pagato è stato restituito, ma la sgradevole sensazione resta: ora chi ha un Kindle sa che ciò che ha acquistato oggi c'è e domani potrebbe non esserci più. In queste condizioni, si può ancora avere la sensazione di possedere ciò che si è pagato?

Il discorso non è nuovo. Lo aveva fatto lo stesso Steve Jobs, leader della Apple e ispiratore del sistema di vendita online della musica iTunes. Se si vuole che l'utente acquisti le canzoni in formato digitale altrettanto volentieri di quando compra un cd, bisogna che abbia forte e chiara la sensazione di possedere ciò per cui si è pagato. L'uso di DRM, ovvero di sistemi per il digital rights management, limita inevitabilmente questa sensazione. Con la certezza, sul lungo periodo, che ciò che si è acquistato non potrà essere nostro per sempre: perché una file protetto richiede, la prima volta che viene usato o che viene trasferito su un altro supporto, o di tanto in tanto, una verifica online al server che l'ha venduto. Ed è chiaro che nessun server è eterno: lo sa bene chi ha acquistato musica fino a qualche anno fa da Yahoo!, che non considerando il business interessante alla fine ha chiuso i battenti rendendo inutilizzabili tutti i file acquistati dai suoi clienti.

Apple negli anni ha spinto vigoramente verso l'abolizione del DRM. Da qualche mese tutti i brani venduti su iTunes non hanno alcun genere di protezione; la stessa RIAA, l'associazione dei discografici, ha pubblicamente ammesso che il DRM è un ricordo del passato.

Siamo ancora lontani da un risultato analogo, però, per quanto riguarda film e telefilm - che ne sono ancora più penalizzati di quanto non fosse la musica - e i libri. Passata la luna di miele con i suoi clienti, che fatti come questo stanno contribuendo ad abbreviare, Amazon dovrà rendersi conto che se vuole che il mercato degli ebook viva e prosperi davvero anche il DRM dei libri dovrà diventare un ricordo del passato. Perché è vero che il più delle volte il libro si legge una volta sola e poi si ripone, ma è anche vero che chi ama i libri li vuole conservare, vuole poterli rileggere magari dopo diversi anni, vuole poterli condividere con altre persone. E finché questo non sarà possibile, allora sarà davvero difficile sostenere i vantaggi degli ebook nei confronti degli ancora numerosissimi adoratori della carta.

Aggiornamento: Jess Bezos, il padrone di Amazon, ha preso la parola per scusarsi pubblicamente di quanto accaduto. Ha fatto un vero e proprio atto pubblico di contrizione, dicendo che la decisione presa (evidentemente senza consultarlo) era stata stupida, inutile, scellerata e contraria a tutti i principi su cui è basata Amazon. È difficile che la cosa si ripeta, perché è probabile che chi ha preso quella decisione in questo momento sia in coda all'ufficio collocamento. Be', speriamo che da questo fatto dunque sia venuto qualcosa di buono: ora le compagnie che vendono ebook sanno cosa non possono assolutamente fare.