La Mostra delle Atrocità: Iterazione 1 – Il romanzo

Questo è il romanzo a cui Ballard ha più volte dichiarato di tenere maggiormente. È la sua

opera più ambiziosa e forse è addirittura l’opera più ambiziosa partorita dal genere. Qui Ballard cerca di “analizzare quello che succede all’interfaccia tra il sistema dei media e il nostro sistema nervoso”, secondo le sue stesse parole, e, parallelamente a Roger Zelazny, opera un processo di ricostruzione della mitologia senza però lasciarsi sedurre dalle tradizioni del passato, ma facendo riferimento unicamente all’immaginario del Novecento. La presenza iconica della macchina gioca un ruolo di primo piano in questo nuovo pantheon e le divinità che calcano la scena hanno le sembianze di James Dean, Jayne Mansfield, Albert Camus, John Fitzgerald Kennedy (tutti nomi legati nel loro destino alla carica iconografica dell’automobile) o di Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Margaret Thatcher, Ronald Reagan.

Traven/Travis/Talbert/Travers/Talbot, il protagonista del romanzo, la cui frammentazione di personalità si ripercuote sulla struttura stessa del testo, “vuole uccidere di nuovo Kennedy, ma questa volta in un modo che abbia senso” (come diagnostica il capitano Webster alla conturbante Karen Novotny). E proprio come il suo protagonista, nonché alter-ego, Ballard trasmette la sensazione di voler decifrare nelle immagini di forte impatto, nelle reminescenze surrealiste e metafisiche, nelle elencazioni di oggetti composte attraverso libere associazioni e nelle particolareggiate descrizioni di morbide geometrie organiche, lo schema stesso della realtà. Nella sua indagine, il panorama collassa sul corpo e lo plasma a sua immagine e somiglianza, in una sublimazione dall’esterno all’interiore che è la quintessenza stessa della New Wave. Ma, allo stesso tempo, uno scambio bidirezionale riflette sul paesaggio le mutazioni che coinvolgono la psiche e i corpi: l’urlo lamentoso delle sirene della polizia che inseguono Trabert le trasforma in “icone neuroniche sulle autostrade spinali” e, come commenta lo stesso autore nella sua nota a quel passaggio, il sistema nervoso dei personaggi viene esteriorizzato, “come caso particolare di un più generale rovesciamento fra mondi interni ed esterni”.

Questo rinnovamento introdotto nel punto di vista è l’arma per contrastare “il matrimonio tra ragione e incubo che ha dominato il ventesimo secolo” (secondo le parole usate da Ballard medesimo nell’introduzione all’edizione francese di Crash), e testimonia del suo lucido coraggio nell’imporsi quasi un punto di vista schizofrenico per meglio cogliere l’essenza del reale, del mutamento e dei processi che ne stanno alla base.

Nella sua prefazione alla Mostra delle Atrocità, William S. Burroughs scrive: “La linea di demarcazione tra paesaggio interno e paesaggio esterno è crollata. I terremoti possono essere originati da sconvolgimenti sismici che hanno luogo nella mente umana. L’intero universo randomizzato dell’età postindustriale esplode in frammenti criptici”.

Per mettere su un’analisi, un’introduzione o anche solo un invito alla lettura alla Mostra delle Atrocità, ci vorrebbe un’ulteriore libro, tanta è la massa di argomenti e spunti condensata nelle sue pagine (lo confermano per altro il volume delle note che lo stesso Ballard ha voluto inserire nel testo, per guidare il lettore in questo “labirinto neurale”).

Proviamoci lo stesso, cercando di mettere a fuoco i punti salienti.