- Chiamata di soccorso …Alla Torre di addestramento me lo hanno ripetuto mille volte. La speranza deve sorreggere un defeder fino all’ultimo istante. All’ultimo. Ma se il momento arriva, non è permesso esitare. È meglio una morte fulminea, di ciò che accadrebbe se loro riuscissero a prenderci vivi. Alla Torre ho visionato fino alla nausea le registrazioni automatiche trasmesse dalle navi che hanno subìto un abbordaggio negli ultimi anni. Ho ancora negli occhi la visione dei corpi mutilati, delle teste mozzate, delle donne stuprate e squartate che loro si lasciano alle spalle ogni volta. Ho ancora nelle orecchie le urla dei bambini ammassati nei compartimenti stagni che aspettano d’essere scaraventati nello spazio come rifiuti. Non c’è nulla di più straziante di una voce che invoca pietà nel sottofondo di un massacro. Loro non hanno pietà. È una cosa che abbiamo dovuto imparare subito.Nei primi mesi dell’addestramento non riuscivo a dormire. La mie notti erano popolate di fantasmi che mi assalivano urlando. Fantasmi che chiedevano aiuto e maledivano la mia impotenza. Nei primi mesi non capivo perché gli istruttori insistessero nel farci visionare quegli orrori ossessivamente, un giorno dopo l’altro. Non capivo la loro perversione, il loro sadismo. Ora sono grato alla Torre per avermi sottoposto a quella specie di tortura psicologica. Se non avessi visto coi miei occhi, se non avessi sentito, forse mi sarebbe rimasta la capacità di dubitare. Adesso so che non avrò incertezze. La “Orion” trasporta più di tremila passeggeri e quasi duecento uomini di equipaggio. Se potessero, ciascuno di loro m’implorerebbe d’essere deciso. È il mio compito. Spetta a me. Resisterò finché rimarrà il più flebile sospiro di speranza. Ma se arriverà il momento … quando arriverà … non avrò esitazioni. Sono stato addestrato per questo. Per diventare un assassino liberatore.

La terza ora.

È breve, il tempo, se si aspetta di morire. La morte arriva rapida, come il soffio gelido del vento che sentivo da bambino. Come l’onda livida che lambiva le scogliere, laggiù, a casa mia, nella nebbia del mattino sulle rive del Mare Purpureo. Il tempo è breve. Eppure le ore non passano mai. Il Bozzolo mi isola dal resto della nave come una barriera impenetrabile. Non ho più contatti con l’equipaggio, né con i passeggeri. Sono solo. È la prassi. Nel momento stesso in cui loro sono emersi dalla Piaga, il comando è passato a me. Adesso io sono il cuore e la mente della nave. I suoi occhi e il suo respiro. Capitano, ufficiali ed equipaggio sono stati messi da parte. Io combatto. Io decido. In tutto questo, non devo vedere, né sentire. Ma posso immaginare. E la mia fantasia è sempre stata fertile e crudele.

- Richiesta di soccorso …

A quest’ora i passeggeri devono essersi chiusi tutti nelle cuccette a nido. Sono certo che molti non lo avevano fatto, all’inizio. È una cosa che accade sempre. Anche questo mi è stato insegnato alla Torre. Finché il momento dell’abbordaggio è lontano, molti preferiscono rimanere svegli nei saloni panoramici, piuttosto che aspettare gli eventi chiusi in un cubicolo di pochi metri. È un riflesso istintivo. L’inconscio desiderio di fuggire nel gruppo. Ma una nave stellare non ha vie di fuga. Al di là delle cupole c’è solo un nulla punteggiato di lucciole. E quando le continue manovre diversive, le accelerazioni, le virate e le inversioni di rotta finiscono col provocare nausea e malesseri, anche i più disperati devono rassegnarsi alla solitudine.

Con gli occhi della fantasia posso vederli uno a uno. Le donne parlano fra loro, cercando di trasmettere alle altre la tranquillità che non riescono a trovare per sé. I bambini osservano stravolti, senza capire, intuendo la paura. Gli uomini scalpitano, nervosi. I passeggeri della “Orion” sono coloni in transito verso Trafalgar. È gente dura. Hanno lasciato tutto, per inseguire la speranza di una vita migliore, di una patria vergine da edificare sotto la bandiera di MarTerra. Se potessero non esiterebbero a combattere, per difendere quel sogno. Con gli attrezzi agricoli. Con i laser scavatori. Con i coltelli da caccia e, magari, a mani nude. Forse qualcuno si prepara a farlo. Ma difendersi è un privilegio che non conosceranno mai. Quando loro apriranno i primi varchi nello scafo, sciamando all’interno, non ci sarà alcuna possibilità di combattere. Solo di morire.

- … siamo sotto attacco …

So che, alla fine, se ne renderanno conto tutti. Allora avranno reazioni diverse. Qualcuno cercherà di raggiungere le scialuppe, illudendosi che una navetta di salvataggio possa sfuggire alla carneficina. Molti preferiranno farla finita subito. Altri tenteranno, follemente, di impadronirsi del Ponte Centrale, come se esautorare il capitano e prendere il posto degli ufficiali potesse cambiare gli eventi. È per questo che, in caso di abbordaggio, il comando della nave passa al defender. Chiuso nel Bozzolo, io sarò al riparo dalla follia della disperazione e potrò continuare a lottare quando gli altri avranno perso la ragione. Ma queste sono cose che verranno più tardi. Per adesso i passeggeri sperano ancora.