Non poteva esserci occasione migliore, per un autore come Tony Ballantyne, che presentare il suo ultimo libro proprio al laboratorio letterario sui robot del London Sci-fi Film Festival

Quasi sconosciuto in Italia perché non ancora tradotto, nei suoi racconti e romanzi ha più di una volta messo in guardia sui pericoli derivanti dall'Intelligenza artificiale, e di questa sua ultima fatica, Twisted metal, afferma: “È un romanzo pieno zeppo di robot, anzi, è proprio la saga di due clan di robot rivali e della loro ferocissima battaglia”. 

L'azione, il sangue (per modo di dire), la violenza non mancano, in un mondo arido e supertecnologico dove i protagonisti sono tutte macchine. “Sono robot senzienti – racconta Ballantyne – pensano e sentono, ridono, amano e soffrono, tanto che il lettore finisce per rimanere sorpreso dal modo in cui empatizza con loro.”

Ed è proprio questo che rende affascinante il romanzo. Secondo lo scrittore inglese, infatti, se un robot parla, cammina, è se stesso, significa che “è vivo”. E in effetti qui i robot si comportano esattamente come esseri umani. “È una storia che parla della guerra – continua Ballantyne – e, come ogni storia di questo tipo, è incentrata su temi come la razza, l'identità, la morale e l'etica e, naturalmente, la politica. Temi che noi uomini conosciamo bene.”

Eppure, quando ci si sofferma a pensare che, alla fin fine sono comunque macchine, l'effetto è piuttosto straniante: quando nel libro “fanno l'amore”, per esempio, permane l'idea di qualcosa di sbagliato, di qualcosa che stride e che un po' sconvolge. Sono come noi, ma contemporaneamente non lo sono. E infatti, durante il laboratorio del London Festival, si è sottolineato come spesso nel cinema, o anche nell'animazione, i robot vengano utilizzati come carne da macello in modo da non traumatizzare il pubblico più giovane: sono macchine, se muoiono non fa molta impressione. Ballantyne ha la sua convinzione: “Ci immedesimiamo con le macchine e, in generale con gli oggetti inanimati, molto più di quanto pensiamo. È proprio l'idea che le macchine possano avere una sorta di anima ad avere sempre reso affascinante l'universo robot, e questo non è cambiato fin dal mostro di Frankenstein e da Pinocchio, precursori dei vari replicanti e androidi della fantascienza”.

Ed ecco che con Twisted metal veniamo trascinati nel lontano pianeta di Penrose dove i soldati di Artemis, una grande città abitata prevalentemente da macchine, danno il via a una terribile guerra nel continente di Shull. Guidati dall'enigmatico generale Kavan, distruggono città e villaggi assorbendo ogni cosa al loro passaggio, ma soprattutto portando via tutto il metallo che serve alla sopravvivenza delle macchine-soldato. La nemesi di Artemis è Turing City,  un punto di raccolta di robot artisti, intellettuali e scienziati di tutto il pianeta. È qui che vive Karel, un androide visto come uno “che pensa in maniera diversa”, e il cui passato è avvolto nella nebbia. Egli vorrebbe allertare la città per l'imminente attacco, ma i politici corrotti persuadono la popolazione ad accogliere gli invasori di Artemis a braccia aperte. Ben presto arriva la schiavitù, e i pochi sopravvissuti di Turing City vengono costretti ad andare nelle fredde terre del nord a prelevare i robot primitivi che ancora vivono là, e a cercare il leggendario “Libro dei Robot”. Intanto Karel, il cui destino è inaspettatamente legato al generale Kavan, intraprende la sua lotta per la libertà che lo porterà anche alla scoperta della verità sul proprio passato.  

Come si può vedere, in Twisted metal di carne al fuoco ce n'è parecchia (compreso il controverso tema dei robot-soldati). In attesa di un'eventuale traduzione italiana, per chi volesse avvicinarsi a questo scrittore ma non conoscesse l'inglese, un suo racconto, Le acque di Meribah, è presente nell'antologia Venti galassie uscita su Urania nel luglio del 2007.

Opere precedenti: Recursion (2004) – Capacity (2005) – Divergence (2007).