La seconda stagione di Heroes è arrivata dopo una prima stagione vincitrice di numerosi premi e reduce da un enorme successo di pubblico in tutto il mondo. Ci si aspettava una seconda ancora più avvincente della prima, ma non è stato così. Forse il talento creativo della produzione si era esaurito e  lo sciopero degli sceneggiatori ha bloccato per mesi ogni nuovo afflusso di idee, costringendo i produttori a chiudere bruscamente le fila delle storie, senza tutta quella serie di riscritture e correzioni che rendono le sceneggiature un po' più sopportabili al pubblico. Il risultato è stato che la seconda stagione di Heroes, inizialmente sviluppata in tre gruppi di storie - Generations, Exodus e Villains - si è vista tagliare completamente la parte centrale Exodus, rimandare Villains alla terza stagione e rimanere solo con Generations. Questi undici episodi della seconda stagione non sono però all'altezza dei precedenti. Lo stile noir che aveva caratterizzato il salvataggio di Claire è totalmente assente; il dramma interiore di chi scopre improvvisamente i propri super-poteri ormai non riesce più a tenere desta l'attenzione del pubblico; la caccia al serial killer quasi onnipotente è sfumata; i colpi di scena non sono più tali perché la ripetizione distrugge la sorpresa e genera noia. Ma ciò che ha reso questa seconda stagione veramente inguardabile è la pessima caratterizzazione dei personaggi a partire da quelli femminili che come al solito fanno da apripista quando si tratta di problemi.

La giovane liceale Claire, che abbiamo imparato ad apprezzare nella prima stagione, è ancora bloccata negli anni dell'adolescenza e non sembra essere intenzionata a crescere e a diventare adulta. Non riesce ad accettare i suoi poteri di rigenerazione e continua a desiderare di non averli per paura di essere differente e di non venire accettata dai suoi compagni. Contrariamente a Claire il giovane West, ovvero il fidanzato volante (interessante che si sia innamorata di una persona che ha gli stessi poteri del padre biologico Nathan Petrelli), è perfettamente a suo agio con i propri super poteri e ha trovato un posto nella società, tanto che la prima volta che incontra Claire le chiede se è un robot o un'aliena: “i robot fanno quello che gli si dice mentre gli alieni agiscono da soli”. Quindi West capisce bene qual è il problema con i super poteri e non ha alcun dubbio su come agire e usarli a proprio vantaggio. La domanda di West pone a Claire anche il dilemma se continuare ad accettare ciecamente gli ordini del padre. All'inizio della stagione, Claire non è in grado di controllare la sua vita e accetta di conformarsi alla società patriarcale di cui il padre è il modello; gradualmente, però, grazie all'intervento di West Claire acquista una coscienza che si pone in alternativa e in conflitto con il padre. Osservare la crescita di un personaggio in una serie disastrata come la seconda stagione è sicuramente positivo, ma il problema è che pur essendo Claire uno dei personaggi più forti della serie, si trova sempre ad agire seguendo le direttive di altri e non traendo da se stessa le risposte di cui ha bisogno. In pratica, per riuscire a guidare e contenere la forza di un personaggio come quello di Claire è stato necessario circondarlo con un padre forte e un fidanzato alternativo. La femminilità, considerata potente ma caotica e inaffidabile, va supervisionata da un uomo, che sia il padre o il fidanzato. Il risultato è che in questa stagione il padre Noah Bennet le ordina di mantenere un profilo basso a scuola per evitare di essere riconosciuta dalla Compagnia mentre il fidanzato volante West la invita a esplorare i suoi super poteri e a usarli per sopravvivere, tanto che organizzano insieme la trappola per la cheerleader prepotente. Claire, quindi, deve cercare di destreggiarsi tra questi due poli che la attirano a se, ma lo spettacolo non è certo edificante. Le aspettative per un personaggio simile erano molto più elevate e anche in questa occasione Tim Kring è riuscito a deludere il suo pubblico femminile.