Si tratta pertanto della riscoperta di un ideale del tutto laico, ma non per questo meno potente. È la fiducia nell’umanità, nell’unione di intenti fra esseri intelligenti che esprime dapprima volontà di pura sopravvivenza, e poi di rivincita e conquista. È in fondo lo spirito di ricerca primordiale, quello che ha spinto gli uomini a evolversi e a superare i propri limiti non in nome e per conto di una divinità, quale che fosse, ma in nome e per conto del proprio bisogno di libera espressione del pensiero, di fatto fonte principale del progresso scientifico e sociale. Tornando alla vicenda iniziale, l’iniziativa pubblicitaria sugli autobus genovesi ha come ultimo scopo l’affermazione di un principio: la libera espressione del pensiero è la vera e autentica “divinità” di cui l’essere umano non può fare a meno, essendo connaturata alla stessa qualità dell’esistenza. In questo senso, affermare che non si ha bisogno di Dio equivale a dire che l’Uomo è perfettamente in grado di trovare da sé la propria strada, utilizzando gli strumenti dell’etica e del raziocinio, e affidandosi all’istinto che ogni creatura intelligente si porta nel DNA. Non c’è nulla di male nel nutrire un sentimento religioso, ma se la libertà di culto è un diritto, questo non può comunque tradursi in una limitazione del diritto altrui di non credere ad altri se non in sé stessi e nel prossimo, poiché anche l’ideale ateo risponde al bisogno di dare un senso al vivere che vada oltre la semplice sopravvivenza. Se il pensiero razionale ha però una freccia in più, questa freccia la scaglia nella direzione della maggior inclusione possibile; infatti, solitamente, chi è ateo non impedisce a chi è religioso di esprimersi. Raramente invece accade il contrario, almeno nel nostro paese.