In un articolo apparso su Nature il 13 Luglio del 2006 viene pubblicata una ricerca stupefacente che accorcia le distanze sulla via di una compiuta integrazione tra macchina e pensiero umano. Recenti studi hanno dimostrato che scimmie e soggetti umani possono usare segnali provenienti dal proprio cervello per controllare un cursore sullo schermo, ma le prospettive sono di una comunicazione sempre più intima tra macchina e pensiero.

Il Brain-computer interfaces (BCIs) potrebbe un giorno assistere pazienti che soffrono di gravi disturbi neurologici e c'è già chi scommette sulle possibili applicazioni commerciali di questa tecnologia in un futuro non troppo lontano. Un ragazzo tetraplegico riesce a comunicare con un computer attraverso l'uso di un microchip direttamente istallato in corrispondenza della corteccia motoria. L'impiego di questa tecnologia sperimentale ha permesso a Matthew Nagle di imparare a muovere un cursore sullo schermo, di giocare a semplici videogames, di muovere un braccio robotico e controllare la televisione con la sola ”forza del pensiero”. Il chip impiantato a diretto contatto con la corteccia cerebrale del ragazzo è in grado di leggere i percorsi elettrici del cervello e trasformare le reazioni neuronali in impulsi elettronici comprensibili da un computer.

Il principio utilizzato è simile a quello dell'elettroencefalogramma, per cui Nagle è in grado di svolgere tutte le azioni suddette e parlare in contemporanea con i ricercatori. Questa scoperta incredibile che si colloca all'interno del dibattito attorno al transumanesimo, dimostra quanto l'integrazione tra organico ed inorganico o se vogliamo tra corpo e macchina non sia solo un sogno per appassionati di SF. Già in passato ci erano giunte notizia su interfacce virtuali per il controllo di videogame con la mente o di brevetti in grado di far evolvere le interconnessioni mentali tra organismi viventi e apparati cibernetici, ma mai come oggi il lavoro presentato su Nature aveva dato un segnale così concreto. E' questa una prospettiva valida per chi è affetto da gravi menomazioni motorie ed anche un mercato che si stima valga 3,4 miliardi di dollari e che solo nel 2006 è cresciuto del 21%.

Se nel 2006 si parlava di elettrodi ed innesti cerebrali che ci riportavano con la fantasia a film come Robocop o Johnny Mnemonic, oggi, alla fine del 2008 l'azienda americana Emotiv System, ha brevettato un casco che utilizza il medesimo principio per giocare ai videogames usando la mente. Il costo di 299 dollari rende l'Epoc Gaming Headset un prodotto accessibile e di indubbia innovazione. Il sistema, ideato da ingegneri e neuroscienziati americani – riferisce la rivista Scientific America – si basa anch'esso sul principio dell'elettroencefalogramma: 14 sensori registrano in tempo reale l'attività cerebrale, traducendola poi in segnali inviati al computer che ne ricava intenzioni, azioni e persino emozioni. Lo sviluppo dell'algoritmo capace di condurre questa traduzione ha richiesto 4 anni di lavoro e centinaia di volontari. Il risultato è stato il collaudare un programma capace di trovare degli elementi comuni a tutti i soggetti studiati nell'attività del cervello. All'inizio della programmazione erano necessarie 72 ore ed una serie di computer per decodificare il segnale – racconta Tan Le – il presidente della  compagnia, mentre ora il casco riesce addirittura a capire se il giocatore è annoiato, e quindi servono più nemici sulla scena, o è in tensione. A questo stadio di sviluppo Epoc non è in grado di far effettuare movimenti troppo complessi, ma secondo gli scienziati è solo questione di tempo prima che particolari operazioni possano essere effettuate solo con la forza del pensiero.

Concludiamo questo breve articolo informativo facendo un balzo indietro verso la letteratura Cyberpunk. Quante volte guardando un film fantascientifico o leggendo un libro abbiamo pensato: “è impossibile che questo accada”!? Se pensiamo alla SF come una sorta di bizzarra anticipatrice del possibile o se ci riferiamo all'immaginazione come catalizzatore di nuove scoperte che prima ritenevamo improbabili, saremmo forse assaliti da stupore e un pizzico di paura. Nella miscela di ingredienti che caratterizzano il Cyberpunk: un nuovo rapporto tra essere umano e tecnologia che tende ad esprimersi prioritariamente nel rapporto con il corpo umano, e un mondo che cessa di essere storicamente comprensibile come lo aveva descritto il Romanticismo, per divenire come ha scritto Valmerz “il dispiegarsi di un codice nella sfera della comunicazione”, quali elementi dovrebbero destarci preoccupazione? È forse giunta l'ora di accantonare Frankeinstein come un lontano ricordo dell'epoca moderna? È forse giunto il momento di spingerci oltre la fantasia e di guardare la realtà che si dispiega di fronte.