Altri racconti

Sergio “Alan D.” Altieri: Theodore Sturgeon: Profeta senza ipocrisia

“Il novanta percento della fantascienza è pattume. Ma in realtà, il novanta percento di tutto è pattume.”

Traduzione: come partire da una analisi, cupamente sintetica, di una narrativa “di genere”

(virgolette d’obbigo), e riuscire a tramutarla in una delle radiografie più ineluttabililmente impietose della condizione umana. Un grande filosofo dietro questa “legge”? Un disancantato statista? Un sommo scienziato? Nulla di tutto questo. Per contro, uno dei piu’ grandi maestri della letteratura tout-court del XX° secolo.

A tutti gli effetti, Theodore Sturgeon (all’anagrafe Edward Hamilton Waldo)—a lui appartiene la “Legge/Rivelazione di Sturgeon” di cui sopra (1951)—ha reinventato la narrativa fantascienza, e ha impresso un giro di vite del tutto inaspettato alla letteratura da intrigo, intesa nel senso più lato del termine. Con Sturgeon, l’inumano entra nel quotidiano, l’incubo si fa strada nel reale, l’impensabile arriva a dominare il possibile. Proposta addirittura più temeraria e trasgressiva se consideriamo il luogo e il tempo in cui arriva a imporsi: l’ameriKetta fasulla e acida emersa dall’infamia del maccartismo.

Non cercate fulgidi eroi nell’universo di Sturgeon, né agognate impavide eroine, non sperate in happy days e non aspettatevi happy endings. Dai parametri vacillanti del mondo di Cristalli sognanti (The Dreaming Jewels), alla possessione meta-demoniaca della macchina sterminatrice di Killdozer (Killdozer!) al dio schizoide di Godbody, il messaggio di Theodore Sturgeon rimane sempre, invariabilmente tanto diretto quanto brutale: “Sei nel pattume amico: facci i conti. Oppure sprofonda”. Quanto vorremmo che esistesse un “partito” con questo slogan...

Daniele Barbieri

Mi chiedono qualche riga, qualche impressione su Sturgeon. No, è impossibile. Leggetelo e basta. Provo a dire solo 2-3 delle 100 ragioni per le quali consiglio anzi supplico di aprire o riaprire i suoi romanzi (tutti) e molti dei suoi racconti.

Solo in pochissimi autori/autrici trovate – oltre alla scrittura cesellata e ai personaggi memorabili - cataste di suggestioni, di deliri, di quasi improbabilità scientifiche ma anche di eresie sociali e sessuali come in Sturgeon. Idee che spesso sembrano nuove anche oggi: decisamente strano visto che viviamo in un tempo tecnologicamente forsennato quanto onnivoro e dove tutti gli “ismi” sembrano essere stati elaborati e sperimentati.

Nelle sue pagine si rischia di cadere? Ecco come lui (cito dal più “maledetto” dei suoi libri, Venere più X) risponderebbe: «Hai mai visto un uomo che corre? […] È sbilanciato. Ma non potrebbe correre se non fosse sbilanciato. È in questo modo che tu vai da un luogo all’altro, cominciando sempre a cadere». Un esempio di caduta? Nel nostro tempo dove il sesso è merce assoluta ma le riflessioni a riguardo sono ancora affidate ai più ignoranti in materia (i presunti capi religiosi) cadiamo, arranchiamo quando ci viene sbattuta in faccia –ancora Venere più X - la lunga storia umana che ha trasformato la sessualità in “meccanismo di colpa” per nutrire l’idea di superiorità: «è la sua donna» il primo soggetto su cui «un uomo può sfogare questa imperdonabile indegnità» viene ricordato a Charlie Johns, ;;;;;;;il protagonista.

Quasi all’inizio di Venere più X, dal nulla e senza preavviso appare uno specchio: «È solo un congegno difensivo. […] Puoi immaginarti quando sei accalorato, contorto, illogico (la parola conteneva i concetti di stupido e imperdonabile) messo faccia a faccia con te stesso, obbligato a guardarti?». Questo fa Sturgeon in Venere più X e in altre sue memorabili pagine: ci mette davanti uno specchio. A oltre 50 anni da quello che ha scritto, la terribile e sublime domanda è questa: perché se qualcosa ci mette davvero “faccia a faccia con noi stessi” ci fa ancora paura?

Ho citato qui solo Venere più X ma molto avrei potuto e voluto parlare degli altri romanzi o di molti racconti. A lungo la mia e-mail ha fatto riferimento a Horty Bluett (il protagonista di Cristalli sognanti, lo dico per i profani). Ora invece fa riferimento a Philip K. Dick, il secondo dei tre miei grandi amori fantascientifici (a chiudere il triangolo Ursula K. Le Guin) ma questa ovviamente è un’altra storia.