È una questione di coscienza. Lo è sempre, ma nel futuro prefigurato da Richard K. Morgan questa massima diventa paradigmatica. Il suo XXV secolo non è esattamente il tempo più congeniale alla sopravvivenza e i secoli successivi lo diventano sempre meno.

L’umanità come la conosciamo noi non è che un remoto ricordo.

L’uomo si è affacciato sullo spazio, ha intrapreso la strada verso le stelle e su Marte, praticamente dietro l’angolo su scala galattica, si è imbattuto nelle rovine di una civiltà aliena antichissima, che doveva avere conquistato vette impareggiabili di progresso e tecnologia milioni di anni prima che un primate sperimentasse la postura eretta. I segreti dell’agotransfer (needlecast nell’originale, tradotto in maniera evocativa ed efficace dal nostro eccellente Vittorio Curtoni) e le mappe stellari scoperte negli antichi sistemi marziani consentono all’umanità di spiccare il grande balzo verso i pianeti abitabili di altri sistemi solari sparsi nel raggio di centinaia di anni-luce. Ovunque arrivino i pionieri terrestri, tuttavia, si ritrovano davanti ai reperti della magnificenza aliena, città e dispositivi spesso perfettamente funzionanti (e talvolta letali, come gli orbitali che presidiano Harlan’s World), ma sempre inesorabilmente incustoditi. I marziani sembrano essere scomparsi nel nulla.

Tuttavia non tutti i passi avanti compiuti nel progresso tecnologico sono stati propiziati dalle scoperte archeologiche e dall’appropriazione delle conquiste aliene. In questo XXV secolo, infatti, la tecnologia ha dimostrato la fondatezza dell’assunto di Arthur Kostler, lo strutturalista ungherese che nel suo saggio del 1967 Ghost in the Machine aveva sostenuto la preminenza della condizione fisica del sistema nervoso nel funzionamento del pensiero. Una pila impiantata alla base del cranio permette adesso a chiunque di digitalizzare i propri schemi di memoria e coscienza, garantendo a chi può permetterselo un surrogato di immortalità con la possibilità di tradursi nei corpi migliori e più giovani disponibili sul mercato delle “custodie”.

In questo scenario i corpi sono ridotti a semplici custodie, involucri naturali (magari venduti dai proprietari originari) oppure artificiali (biotecnologia prodotta dai giganti del settore: la Nakamura, la Harkany Neurosystems, gli standard da combattimento della Khumalo, le dotazioni sportive della Eishundo Organics) e l’estensione della vita è virtualmente alla portata di chiunque. Ma anche nell’opulenza di una civiltà che ha trovato su altri pianeti lo sbocco naturale per il proprio surplus di produzione e distruttività non si vivono giorni felici. Il disagio sociale riflette la spaccatura tra la classe privilegiata (i Mat che dominano la Terra e le Prime Famiglie che hanno imposto un sistema di potere oligarchico sulle Colonie) e il resto dell’umanità, coloni ipersfruttati su pianeti alieni o terrestri condannati a fungere da schiavi nel parco giochi per ultramiliardari in cui nel frattempo si è trasformata la vecchia culla dell’umanità. I Mat, da Matusalemme, come pure i membri delle Prime Famiglie, gli investitori che foraggiarono la colonizzazione spaziale, possono permettersi le migliori custodie in circolazione e l’appagamento dei loro capricci più sfrenati. Non dovrebbe sorprendere: in un mondo in cui ogni cosa ha un prezzo, una volta declassata la funzione del corpo a mero supporto per le funzionalità cognitive della pila corticale, vendersi al miglior offerente, qualsiasi cosa ciò possa significare, incontra molte meno barriere culturali di quanto accada già oggi. Anche i corpi finiscono per obbedire alla legge del mercato.

Le Nazioni Unite hanno esteso nello spazio la loro longa manus, ma non somigliano neanche lontanamente all’ONU umanitaria ma impotente a cui siamo abituati oggi. Le NU detengono un’autorità istituzionale e commerciale prioritaria e ci tengono a esercitarla attraverso il loro braccio armato. Così, mentre il Protettorato domina benevolmente su qualche decina di pianeti, i tentativi di emancipazione che ancora agitano i mondi periferici, a 200 e passa anni-luce di distanza dalla Terra, trovano nel Corpo di Spedizione la loro più efficace soluzione. Un corpo di marines spaziali superaddestrati e pronti a fronteggiare le peggiori emergenze grazie a un condizionamento marziale e a custodie sofisticatissime, vantaggi che li rendono vere e proprie macchine da guerra.