Delos 14: Q-Zar Q-Zar
il gioco del 2000
a cura di
Francesco Grasso

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Spalle ad una solida parete, i sensi all'erta, scrutate il corridoio alla ricerca dei nemici. Il vostro dito freme sul grilletto, l'eccitazione fa scorrere il sudore sulla vostra schiena...

Ed all'improvviso eccoli, le armature scintillanti, i fucili laser impugnati minacciosamente contro di voi. E si accende la battaglia: i combattenti, gridando, si gettano nella mischia con ardore, i lampi di luce saettano, imprevedibili e mortali, a volte fermati, a volte riflessi dalle pareti candide, e scagliati indietro contro gli stessi tiratori...
No, non state assistendo ad una puntata di "Star Trek"; non siete impegnati, a bordo della "Morte Nera", in un attacco alle truppe imperiali; non siete neppure sul set di "Spazio 1999", di "Visitors", di "Galactica", di nessuna delle opere sf che hanno dipinto quasi allo stesso modo il classico scontro bellico del futuro.
Siete invece sul campo di gioco del Q-ZAR, la straordinaria guerra simulata che promette di diventare l'evento ludico dei prossimi anni, che accenna inaspettatamente a risollevare le tradizionali sale di videogames dalla crisi in cui l'home computer le aveva trascinate. Ma vediamo più in dettaglio di cosa si tratta...
Le regole del gioco.
Il terreno in cui si disputano le battaglie di Q-ZAR è definito "arena": esso è in definitiva un labirinto dotato d'illuminazione fioca, di generatori di nebbia (non dissimili da quelli impiegati nelle discoteche o nei concerti), e di un solo ingresso, usato per discendere in campo da entrambi gli "eserciti". Questi ultimi sono squadre di otto-dieci giocatori (il numero non ha grande importanza, ed in teoria i due eserciti possono anche non essere bilanciati); ogni squadra dispone di una "base" da proteggere, ha un proprio luogo di rifornimento per le armi, ed ha per scopo la conquista della base avversaria. Si tratta, ovviamente, di uno scontro a tempo.
Ogni "soldato" è equipaggiato di un corpetto d'addestramento (di colore differente per i due eserciti), e di un fucile laser con 20 colpi nel caricatore. Egli dispone di 6 "vite", ovvero può essere colpito sei volte (dagli avversari, dai propri compagni per errore, persino dai propri colpi riflessi dalle pareti).
Ogni qualvolta si viene colpiti, il proprio fucile si scarica (ovvero si perdono i colpi ancora a disposizione), e si resta alla mercè del nemico per 6 secondi. Nei primi tre, il soldato è protetto da un "campo di forza", per cui non può essere colpito nuovamente (momento propizio per la fuga); negli ultimi tre, il campo di forza cessa, ed il soldato diventa un bersaglio inerme. Se però egli riesce a resistere questi tre lunghissimi secondi senza essere centrato, passa alla "nuova vita", con altri 20 colpi a disposizione.
"Conquistare" la base avversaria significa centrarla con il proprio laser. In questo caso, si accenderà una sirena d'allarme, e la squadra conquistatrice totalizzerà 1000 punti. Ma, naturalmente, la battaglia continuerà, perchè l'altro esercito dovrà tentare di scacciare l'invasore dalle proprie linee.
Disseminati per l'arena, altri trabocchetti rendono la vita difficile agli eserciti: si va dalle "mine", meccanismi automatici che emettono raggi laser del tutto imprevedibili, alle "false pareti" che ostruiscono il passaggio al soldato ma non fanno schermo ai laser nemici, dai vicoli ciechi, trappole mortali per chi non conosce il labirinto, alle strettoie, luoghi ideali per gli agguati.
Al termine dello scontro, ogni soldato riceverà il proprio punteggio, le statistiche sui colpi esplosi e su quelli ricevuti, ed infine il giudizio sulla propria abilità di combattente. A seconda dei risultati ottenuti, la sua qualifica potrà andare da "Scudo umano", "Dilettante", a "Top Gun", ed infine ad "Arena Dominator".

La tecnologia.

L'equipaggiamento del Q-ZAR è sorprendentemente avanzato, e notarlo è doppiamente intrigante per l'appassionato di SF, che anche in quest'occasione può rendersi conto di quanto il futuro che credeva lontano sia invece a portata di mano.
La tecnologia fondamentale, ovviamente, è quella ottica. I laser montati sui fucili sono di bassa potenza (analoghi a quelli usati per gli effetti di luce nelle discoteche). Una lente convessa posta nella canna dell'arma, e soprattutto l'ambiente fumoso dell'arena, consentono la dispersione necessaria a "vedere" il raggio laser, con effetti cromatici che farebbero piangere di gioia George Lucas.
Sul petto e sul dorso del corpetto d'addestramento, sensori a fotocellula registrano l'arrivo del colpo nemico. Gli stessi sensori sono presenti anche sui pannelli laterali del fucile, e fanno dell'arma stessa un bersaglio primario. Il laser di ogni soldato ha una frequenza propria, differente da ogni altra, e questo consente al processore centrale, che si occupa delle statistiche, di capire "chi ha colpito chi".
Ma l'elettronica è presente anche sul fucile: l'arma, infatti, è "intelligente", ed in qualche modo dialoga con il soldato. Dopo un tiro messo a segno, essa commenta - Bel colpo! - con la sua voce sintetica (il corpetto bersagliato del nemico ha emesso un segnale di "centrato", ed il fucile lo ha ricevuto); quando si è colpiti, il fucile avverte - Attenzione! Scudo di difesa attivato! -, e tre secondi dopo recita il minaccioso - Pericolo! Pericolo! Pericolo! -. Infine, l'arma informa il soldato quando i colpi sono esauriti, e lo consiglia di rientrare e ricaricare. Durante l'operazione di ricarica, il processore del fucile trasmette al processore centrale le informazioni memorizzate, aggiornandolo sulla "storia" del soldato.
A causa di questa complessità, il costo del completo corpetto-fucile laser è piuttosto alto, superando la decina di milioni di lire. Poichè una sala media dispone di almeno venti corpetti, si può capire quanto sia oneroso per un proprietario di sala-giochi metter su un'impianto di Q-ZAR. Costruire l'arena stessa, d'altra parte, non richiede sforzi particolari: è sufficiente una sala per discoteca e qualche pannello in materiale plastico per il labirinto. Ovviamente, più intricato e vario sarà quest'ultimo, più interessanti saranno le battaglie che si vi potranno disputare.

Le strategie.

Chi di voi non ricorda lo stupendo romanzo di Orson Scott Card "Il gioco di Ender"? Ebbene, l'addestramento dei cadetti spaziali nell'arena per la guerra simulata ricorda il Q-ZAR in maniera impressionante...
Immaginiamo dunque di essere Andrew Wiggins, il giovanissimo protagonista di Card, e lasciamo che la nostra mente di condottiero in erba analizzi lo scenario per la battaglia... Un primo modo di giocare al Q-ZAR, naturalmente, è il puro e semplice "tutti contro tutti": niente piani, nessuna strategia, sparare su tutto ciò che si muove. E non è detto che non sia anche il modo più divertente.
Quasi subito, però, il meccanismo del gioco porta i soldati a studiare manovre di gruppo, in definitiva a comportarsi da vero "esercito". Sfogliando il romanzo di Card, troviamo il primo consiglio utile: occorre presentarsi al nemico come bersagli dalla minore superficie possibile. Poichè, come detto, i sensori del corpetto sono posti sul pettorale e sul dorso, conviene avanzare lateralmente, proteggendo allo stesso tempo il fucile, anch'esso sensibile al fuoco nemico. Non conviene, viceversa, avanzare ventre a terra in stile "commando", se non altro perchè questo riduce la velocità, vitale nel Q-ZAR. Ancora citando Ender, è una mossa vincente servirsi dei propri compagni colpiti (o col fucile scarico), come "scudi umani", ed avanzare in formazione compatta. E' altresì fondamentale delegare i migliori tiratori al ruolo di "cecchini", facendoli appostare sui punti strategici, nei passaggi obbligati, magari a coppie, cosicchè almeno uno dei due abbia ancora colpi nel caricatore. Soprattutto, occorre sapere in ogni istante cosa stia facendo ogni nostro compagno, perchè purtroppo è semplicissimo spararsi l'un l'altro.
Questo problema, d'altra parte, può essere sfruttato nella tattica (Ender dixit) del "casino organizzato", che consiste nel seminare lo scompiglio nelle file nemiche e scatenare una guerra fratricida.
Le possibili strategie sono infinite... Soprattutto, sono diversissime da quelle tradizionali dell'arte bellica. E questo fatto ha conseguenze inaspettate... Generalmente, infatti, si rivela ottimo giocatore di Q-ZAR non tanto chi vanta un minimo di preparazione militare (ragazzi in servizio di leva, carabinieri, ecc.), ma, al contrario, proprio il classico appassionato di fantascienza, che possiede il background culturale più adatto ad afferrare subito i meccanismi del gioco. Si consiglia naturalmente a quest'ultimo, prima di gettarsi nella mischia, una sana rilettura dei classici della Space Opera, dal già citato "Il gioco di Ender" alla saga dei Berserker, da "Fanteria dello Spazio" di Robert Heinlein alle opere del ciclo dei Dorsai.
Un'ultima considerazione, prima di essere giudicato guerrafondaio: la guerra vera, ovviamente, è un'altra cosa, è un incubo lontano anni luce da questo scontro pulito, luminoso, asettico, in cui nessuno si fa male, in cui nessuno muore veramente. La guerra vera è sangue, è fango, è dolore, è un mostro che dev'essere rifiutato con tutte le nostre forze.
Chi vi scrive ha espresso non solo a parole questo punto di vista, scegliendo l'obiezione di coscienza, e svolgendo servizio civile lontano da ogni caserma e da ogni arma.
Ma allo stesso tempo, chi vi scrive è anche un grande appassionato di fantascienza, ed ha nel sangue, in una sorta di "memoria genetica", le immagini travolgenti di tante opere SF, e queste lo condizionano senza rimedio.
Alzi la mano chi, tra voi colleghi sognatori, ha fantasticato almeno una volta di prender parte ad una delle battaglie di "Star Wars", di impugnare una spada di luce e di battersi a fianco degli Jedi. Nessun braccio abbassato? Lo sapevo.
Dunque potete capirmi. Il Q-ZAR è un gioco: un gioco strategico, di riflessi, di intelligenza, di fantasia; ma non è assolutamente un gioco violento, non richiama alla guerra più di altre competizione sportive.
Il discorso, magari, va rovesciato: sarebbe meraviglioso riuscire a riversare su guerre virtuali come il Q-ZAR gli impulsi bellici che, ammettiamolo, sono purtroppo innati nell'uomo. Io sogno un futuro in cui vocaboli come "battaglia", "agguato", "cecchino", "granata", "mina", "trincea", "assalto", e tanti altri che suonano di morte, divengano termini tecnici di un gioco e nulla più.
Ma questo, sfortunatamente, è un futuro ancora tanto, troppo lontano.

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