Dalla fine degli anni ’70 e soprattutto negli ‘80 si moltiplicano i gruppi di non-musicisti o ex-musicisti che si cimentano in nuove sperimentazioni.

I Cabaret Voltaire
I Cabaret Voltaire
Menzioniamo, in una sorta di brain storming del periodo, il duo newyorkese Suicide, che già nel 1977 avevano tradotto il rock tradizionale in un linguaggio minimal-elettronico, Z’ev (forsennato percuotitore di bidoni, primo di numerosi emuli), i Test Department (politicamente schierati e primi sperimentatori di una certa industrial-dance), Foetus (autori di forti miscele sonore che coniugano rock, elettronica e rumore industriale), The Hafler Trio (musicologi dell’elettronica noise, autori di ricerche sonore pseudocolte), Non (il californiano Boyd Rice, autore di inquietanti dischi di puro rumore che si potevano indifferentemente suonare a 16, 33, 45 o 78 giri), gli Whitehouse (ultranoise in cui pure frequenze sono impastate dalla voce delirante del britannico William Bennett) e The Haters (autore di rumore non-sense, con il pregio dell’ironia, che lo porta a concepire un disco senza solchi e palline di vinile). Tra immagini mistico-occultistiche e scenari apocalittici sono da segnalare i Current 93 (dal 1983) e l’eclettico Nurse With Wound (dal 1980), che passa in rassegna un po’ tutti i sottogeneri electronoise.

Tra i vari gruppi del periodo, quelli che ci sembrano più ispirati al concetto di postumanismo sono i Coil, con un rumorismo moderato e ciclico con tendenze morbose, che ha sfornato anche album di astrattismo spirituale (prima che esoterico) come The Angelic Conversation (1985) o Scatology (1986).

Genesis - P-Orridge
Genesis - P-Orridge
Grande frequentatore di musiche nuove e sperimentali è sicuramente Brian Eno, che sviluppa la musica ambientale e new age con derive elettroniche, rock e liriche anche di ampio respiro. Ha collaborato con molti musicisti d’avanguardia, tra cui i Cluster (gruppo elettronico che esce dalla scena del kraut-rock tedesco), David Byrne, e negli ultimi tempi Laurie Anderson, poliedrica personalità che entra di diritto a far parte degli artisti postumani. Laurie Anderson è sia performer che musicista e mostra ben presto la sua indole transartistica collaborando con William Burroughs, organizzando eventi e mostre a New York e diventando celebre nel mondo della musica con il singolo O Superman.

Tornando al rock, è il ciclone del punk che rinnova il genere indirizzandolo verso derive a volte sterili, altre creative, altre ancora postumane. Citiamo The Cure e i Bauhaus, dediti a un crepuscolarismo sonoro, gotico, a volte lirico, altre disperato. Sulla stessa linea i Death in June, The Sisters of Mercy e i Joy Division, mentre discorso a parte meriterebbero i Dead Can Dance, che affondano le proprie radice in un folk cupo e lirico. Altro genere affine è la new wave (non a caso il nome è mutuato al filone fantascientifico nato dalla rivista inglese New Worlds), primi tra tutti i Depeche Mode, i Soft Cell e gli Ultravox.

Senza allontanarci troppo dalla vera essenza del postumanismo, degni di menzione speciale troviamo i Clock Dva (cioè “Orologio Due”, si mette subito l’accento sul tempo) con un’originale elettroacustica jazz; passeranno ben presto a una pura elettronica ipnotica e onirica. Album come Transitional Voices (1990), Buried Dreams (1991) o il più esplicito (per il postumanismo) Man-Amplified (1991) sono pietre miliari del postumanismo elettronico contemporaneo.