Diverse iniziative testimoniano il crescente interesse di cui la fantascienza sta cominciando a godere, negli ultimi tempi, anche in ambienti che sono tradizionalmente rimasti lontanissimi dall'immaginario così familiare a chi frequenta queste pagine. L'improvvisa intesa scattata tra il teatro e la fantascienza ci aveva già regalato, tra gli altri, il dramma apocalittico di Philip Ridley Mercury Fur (di cui parlavamo lo scorso anno: www.fantascienza.com/magazine/notizie/9455). Adesso è la volta di una delle più angoscianti visioni congegnate da quel genio ribelle borderline che per lungo tempo è stato David Cronenberg: La Mosca approda sulle scene grazie alla tenacia di Howard Shore.

Dopo anni di lenta maturazione il sogno di Shore, autore della colonna sonora originale e premio Oscar alla corte de Il Signore degli Anelli, ha potuto giungere a compimento grazie a Placido Domingo e alla sua Orchestre Philarmonique di Radio France. A produrlo è stata l'Opera di Los Angeles in collaborazione con lo Chatelet di Parigi, dove la sera del 2 luglio si è tenuta la prima mondiale. Qualcosa che ai fortunati presenti non deve avere fornito molti appigli con il passato: soluzioni estreme e massimo impegno richiesto al protagonista, interpretato dal baritono Daniel Okulitch, che si mostra nudo, si esibisce in acrobazie erotiche, indossa un pesante trucco che lo assimila al Seth Brundle del film e canta a testa in giù appeso al soffitto proprio come un insetto.

L'adattamento teatrale del racconto The Fly di George Langelaan arriva dopo la prima trasposizione di Kurt Neumann (datata 1958) e dopo il citato lavoro di Cronenberg (1986), che ha rappresentato un punto di svolta nella carriera del regista canadese che per tanti anni ci ha ossessionato con le sue metamorfosi cinematografiche (basti qui citare Videodrome, Il Pasto Nudo, Crash, eXistenZ). "Un'esperienza stupefacente" l'ha definita Cronenberg senza mezzi termini. "Ho scoperto un ruolo diverso della musica. Nei film la colonna sonora è qualcosa che arriva solo alla fine, qui invece la musica precede e determina tutto, anche il mio lavoro. Mi ha suggerito nuove emozioni, mi ha fatto scoprire inediti risvolti dei personaggi. Il risultato è una nuova creatura, un ibrido che forse farà inorridire i puristi della lirica ma spero piacerà ai giovani".

Gli abiti anni '50 curati da Denise Cronenberg (sorella del regista) e l'arredamento a base di tubi e lampadine messo a punto dallo scenografo Dante Ferretti conferiscono alla vicenda il fascino di un'estetica retrò. A calarla nell'incubo ci pensano i suoi risvolti angoscianti: "è una storia di amore e di morte" assicura Cronenberg, "una parabola sulle inevitabili trasformazioni dell'essere umano, la malattia, l'invecchiamento, la fine". Risvolti angoscianti, ma di un'inquitudine a cui non resta estraneo un tocco di speranza. La rumena Ruxanda Donose, mezzosoprano, interpreta la parte della giornalista innamorata del mutante al punto di lasciarsi trascinare da lui in una spirale di sesso e passione. Alla fine è disposta a ucciderlo in un atto estremo di misericordia e a caricarsi sulle spalle il peso di un'ulteriore responsabilità: crescere in grembo la creatura che hanno concepito insieme. Che forse recherà la piaga del padre, oppure ne sarà immune. O forse, come recita il libretto firmato da David Henry Hwang (già artefice dell'adattamento lirico di un altro film di Cronenberg, M. Butterfly), sarà il primo di una nuova umanità, il profeta - per restare in territorio cronenberghiano - della Nuova Carne.