2.

C’era un altro vantaggio con le finestre al plasma. Si poteva ascoltare quello che veniva detto dentro la casa molte ore o giorni o persino anni dopo. Le onde sonore subivano lo stesso rallentamento degli ioni termo-luciferi e restituivano voci, parole, schiamazzi, suoni dopo periodi variabili in base al tipo di finestra.Il problema era sapere ascoltare. Cosa che non era da tutti. Anzi pochissimi, come lui, erano in grado di ascoltare le finestre. Le voci giungevano distorte e fortemente rallentate. Per la verità dipendeva dalla finestra. Se il suo spessore era notevole, oltre il mezzo centimetro, le parole non riuscivano a uscire perché le onde sonore si incuneavano nel plasma come un essere umano che penetra nel fango. L’uomo, prima procede a velocità sostenuta, poi, man mano che si immerge sempre di più aumenta l’attrito e la viscosità continua a rallentarne il moto sino a fermarlo del tutto. Così accadeva per le voci. Venivano rallentate e poi spente dal plasma. Tranne quelle che venivano assorbite dalle finestre di pochi millimetri e riuscivano ad attraversare la ‘palude’ e a sbucare dall’altra parte.Chiunque dotato di una strumentazione adatta era in grado di registrare suoni e voci. Lui però riusciva ad andare oltre.

Ottavio si fermò a osservare l’ambiente. Era un pranzo-soggiorno con angolo cottura. Una porta si apriva sul lato destro. Ciò che lo colpì subito fu il gran numero di quadri alle pareti. Ce n’erano una ventina a soggetto unico: Venere. C’era una riproduzione perfetta della Venere del Botticelli, l’unica che riuscì a riconoscere a colpo d’occhio, poi continuò a guardare gli altri quadri. Erano famosi anche se non rammentava gli autori. Furono gli ologrammi a catturare la sua attenzione. Riproducevano volti di donne. Bellissimi nella fissità della morte. Quale mente distorta avrebbe apprezzato riproduzioni di donne morte?

A prescindere dal fatto che appendere ai muri alcune perfette riproduzioni di grandi opere d’arte fosse assolutamente anacronistica. questo mostrava un cattivo gusto ormai obsoleto. Inoltre c’era quella unicità di soggetto che infastidiva e faceva pensare a una forma di ossessione pesante.

- Problemi?

- No, tutto a posto - rispose all’ispettore che lo stava pazientemente attendendo all’esterno con la pattuglia.

- Ho saputo di ascoltatori che sono svenuti durante l’ascolto.

- È successo anche a me, ma la situazione era differente. Da quello che mi avete detto qui non c’è stato un delitto particolarmente cruento.

L’ispettore non rispose subito, attese qualche istante, poi: - Il problema è cosa debba intendersi per cruento. Dalle indagini è emerso che lì c’è stato un omicidio alquanto strano. Ma non ne abbiamo la certezza, gliel’ho già detto. Abbiamo il corpo del proprietario della villetta con la testa staccata di netto. E la sua presunta assassina col capo dell’uomo ancora tra le mani tenuto per i capelli. Non c’è il tempo per svolgere più a fondo le indagini. Le finestre parlano soltanto oggi, poi tutto andrà perso.

- Farò attenzione.

Ottavio troncò subito la conversazione. Sapeva tutto, era ormai un esperto, e Livio Grassi, l’ispettore, gli aveva già descritto la scena del presunto delitto. In ogni caso, non era convinto che tutte le ‘voci’ andassero perse. Bisognava soltanto saper ascoltare. Egualmente raddoppiò la prudenza. Si avvicinò alla finestra quotidiana e l’osservò attentamente. C’era la luna al primo quarto che spiccava chiarissima nel cielo sporcato dalle luci delle città vicine. Doveva essere cominciato tutto più o meno in quel momento.

Tirò fuori il microregistratore e le cuffie. Attaccò le ventose nei sei punti individuati in anni di attente ricerche e cominciò ad ascoltare.

All’inizio non udì nulla. Poi un rumore strano, come una stoffa lacerata, ovviamente sempre molto lento, e un respiro. Che lui riusciva a percepire bene, quindi doveva essere affannoso, visto che, nonostante fosse molto rallentato era ben individuabile.

Poi ascoltò altro. Ma di poco chiaro.