Nel centro di Manhattan c'è la demilitarized zone: una terra di nessuno contesa fra le forze degli Stati Uniti d'America e quelle degli Stati Liberi...

Cinque anni di guerra civile hanno cambiato il volto dell'America spaccandola letteralmente in due. L'esercito statunitense è schierato contro il suo stesso paese in un conflitto sanguinoso e senza esclusione di colpi. Nel mezzo di questo incubo c'è Matthew Roth, un giovane stagista alle prime armi che, usando in modo spregiudicato l'influenza del padre, riesce a farsi associare alla stella dei media Viktor Ferguson per un servizio sulla zona demilitarizzata di Manhattan. Ma le cose non vanno esattamente come il giovane Matty aveva preventivato ed il suo soggiorno a New York si rivela ben più lungo del previsto.

DMZ è la serie che quest'anno ha portato al creatore Brian Wood (Generation X, The Couriers) una nomina all'Eisner come miglior scrittore, un piccolo gioiello di umanità scritto secondo la prospettiva dell'uomo comune di colpo catapultato in quanto di peggio (e di meglio) i suoi consimili hanno da offrire. "Ogni giorno è il 9/11", vediamo questa frase in apertura scritta sul muro della caserma in cui Matty attende la conferma al suo incarico: un ruolo che lo catapulterà in una città dall'atmosfera simile a quella ritratta da John Carpenter in 1997: fuga da New York. Matthew si dovrà fare strada prima come semplice spettatore, impegnato allo spasimo per rimanere in vita, poi come protagonista fra le macerie della Grande Mela testimoniando la volontà dell'uomo comune al sopravvivere ed al cercare, anche in situazioni estreme, di ricreare una parvenza di società civile.

DMZ è un fumetto scritto da un newyorkese talmente innamorato della sua metropoli da riuscire a metterne a nudo l'anima mentre ne disseziona il cadavere, quell'anima calda che proprio nel momento più estremo vediamo brillare più forte. Fra cecchini resi folli dall'eccessiva tensione, massacri indiscriminati, la freddezza della politica e la violenza più brutale ogni angolo cela una storia, una scossa, un frammento di verità che ci porta ad aprire gli occhi su noi stessi incollandoci alle pagine del fumetto.

Ottime le matite di Riccardo Burchielli: un illustratore toscano che ha esordito qualche anno fa su John Doe. Il tratto sporco, apparentemente naturale ed immediato che sfoggia sulle pagine di DMZ si incastra perfettamente nella narrazione di Wood diventandone un ottimo contraltare. Molto portato per l'espressività dei personaggi, Burchielli riesce in poche pennellate a rendere con grazia e verosimiglianza le intense emozioni volute dalla sceneggiatura. Un numero d'esordio insomma che fa ben sperare nel prosieguo ormai in dirittura d'arrivo.