Nel Biglietto che è esploso questo discorso anarchico sul controllo della mente attraverso strumenti elettronici, sessuali, chimici o subliminali, tocca il suo apice ideologico: Burroughs dedica infatti un certo spazio all’esposizione circostanziata della sua teoria del linguaggio-virus e alla tecnica del cut-up, il che lo rende un manifesto d’intenti sulla rivoluzione sociale che l’autore avrebbe voluto vedere attuata grazie alla tecnologia. Per il resto, il libro è un riarrangiamento di routine interne o persino esterne (tratte dagli altri due capitoli della Trilogia), che segue da vicino le indagini dell’Ispettore Lee, alter ego di Burroughs al servizio della Polizia Nova (così come l’altro suo alter ego, Uranium Willy, serve invece la causa della Banda Nova).L’esito della battaglia è quanto mai incerto dal momento che il finale ben si presta a due interpretazioni letteralmente opposte: ma tanto se la Banda Nova è riuscita a scatenare una supernova con conseguente annientamento del genere umano, quanto se la sua folle missione è invece fallita grazie all’intervento della Polizia Nova, appare evidente che il futuro dell’umanità è inesorabilmente segnato. L’unico modo per distruggere il virus del linguaggio è sostituirlo di nascosto. Regalando al genere umano il brivido freddo di una nuova minaccia.È in questa cornice storico-mitologica che si incastrano le visioni di Nova Express. Visioni acuminate come schegge, esaltate dal periodare spezzato di Burroughs. La disintegrazione del romanzo, già sperimentata nella sistematica destrutturazione del Pasto nudo, raggiunge in questo caso vertici parossistici. È come se l’autore avesse raccolto tutti i suoi appunti, la bozza del romanzo, i brani compiuti e li avesse rinchiusi in una cassa con una bomba a orologeria. Il risultato dell’esplosione è Nova Express: periodi che s’incastonano gli uni negli altri, frasi amputate, linee di pensiero e

d’azione interrotte. Il tutto sospeso in magico equilibrio sul filo del rasoio.Blade Runner – il capolavoro di Ridley Scott - prese il titolo proprio da un vecchio racconto di Burroughs, che ne cedette i diritti allo sceneggiatore Hampton Fancher. E ancora una volta è il futuro evocato in un rito negromantico a cortocircuitare il reale, a dimostrare quanto Burroughs fosse in anticipo sui tempi. Negli stessi anni Ottanta, le sue intuizioni più lucide sui rapporti tra Controllo ed espressione (e quindi scrittura) e sul ruolo dell’informazione nella società contemporanea avrebbero fecondato tutto il filone cyberpunk, a partire dal suo autore di punta, ;;William Gibson.La frammentazione sintattica del non-romanzo non vieta al lettore di coglierne l’essenza, lo spirito. Le immagini che prendono forma dalle frasi secche e contratte s’impongono sulla pagina con un impatto che ha del prodigioso. Ne risulta una lettura dagli effetti e dalla suggestione unica – difficoltosa, come si diceva in apertura, senz’altro complessa, ma forte di una capacità di penetrazione assolutamente senza paragoni, in grado di aggirare i filtri del discernimento razionale, ingannare il firewall cognitivo e innestarsi direttamente sotto la soglia della coscienza. La molteplicità di spunti e di rimandi intertestuali che costella le pagine di questo libro assimila la lettura a un’esperienza ipnotica. Importantissime sono le note dello stesso autore, che impreziosiscono il testo aggiungendo chiavi di decodifica a ogni livello di lettura (così come avrebbe poi fatto, anni dopo, James Graham Ballard con la sua non meno rivoluzionaria Mostra delle Atrocità).Alla fine il lettore ne uscirà con le ossa rotte. Come le sue certezze. Illuminato dalla luce virale della supernova di Burroughs, avrà però imparato a riconoscere le trame occulte che ci impongono la quieta accettazione dello stato delle cose. E, magari, si sentirà spinto ad unire le proprie forze all’ultima opposizione della Resistenza Nova.Sul fronte del futuro.