Questa recensione integra il commento uscito su Delos SF n. 105 intorno all'ultimo titolo di Joe R. Lansdale approdato in Italia. A 16 anni di distanza da Drive-In 2, il bardo texano torna alle atmosfere lisergiche che sul finire degli anni '80 lo imposero all'attenzione della critica e del grande pubblico, e dimostra di non avere perso la sua verve. La notte del Drive-In e il suo seguito rappresentarono all'epoca un oggetto non identificato nel cielo della fantascienza e del fantastico monopolizzato dalle visioni ipertecnologiche della rivoluzione cyberpunk. Costituivano un dittico in fin dei conti autoconclusivo, eppure l'innesto che l'autore ha voluto compiere su quel capolavoro nel 2005, in uno scenario completamente diverso e al culmine di una carriera straordinaria, riesce nel miracolo di non scadere nello scherzo autocelebrativo o, peggio, nel risultato puramente accessorio di una semplice operazione commerciale. Il cortocircuito neurale innescato da questo ultimo capitolo finisce per illuminare di luce nuova anche i primi due titoli, aggiungendo il tassello finale a una trilogia scanzonata, irriverente e anticonformista, un'opera unica nel corpo del fantastico contemporaneo che la promuove con pieni meriti nell'empireo della fantascienza.

In questa terza incursione nel mondo del drive-in c'è davvero di tutto: inondazioni bibliche, pesci-gatto giganti, tribù di cannibali, ombre antropofaghe, una spiaggia che ricorda un po' l'esilio elettronico di Case in Neuromante e un po' Lost (ma non dimentichiamo che la serie di JJ Abrams si è nutrita delle suggestioni dei primi Drive-in), citazioni e riferimenti intratestuali e intertestuali (rivolti non solo al mondo del cinema, soprattutto horror, ma anche alla fantascienza pulp, come dimostra il richiamo dell'Ace Double di Robert Lory, Masters of the Lamp) e un ponte da scalare come una scala per il Paradiso. Solo che se il parallelo dantesco fin qui regge, con il mondo dei dinosauri che è un inferno di depravazioni umane e il ponte infinito che è un po' un Purgatorio con l'ascesa catartica contemporanea al collasso del cielo e alla Fine del Mondo, quello che troveranno i nostri intrepidi eroi al loro arrivo nella Stanza Grigia del Cineproiettore Cosmico è qualcosa di molto, molto peggiore anche delle loro peggiori aspettative.

La scrittura di Lansdale nasce da quella che forse è la penna più coinvolgente dei nostri tempi. Leggere un romanzo o un racconto di questo autore è sempre come ascoltarne la narrazione dalla sua voce diretta, seduti magari sotto una veranda, nella sera stellata del Texas Orientale, mentre le cicale cantano e il respiro della notte si attacca sulla pelle. Con maestria, Lansdale ci guida verso quello che in fondo è l'unico dei finali possibili. E se conoscete anche solo per sentito dire P.K. Dick, saprete che esistono mondi peggiori di quello in cui "crediamo" di vivere.